Il potere dei giudici

Suicidio assistito: “Da oggi in Italia siamo tutti più schiavi”

tristezza

Di Giovanna Abbagnara

“Ora siamo tutti più liberi” ha detto Marco Cappato alla notizia della sentenza della Corte costituzionale che lo scagiona dal reato di aiuto al suicidio di dj Fabo e porta a compimento il disegno e le istanze dei radicali, sostenuto da una buona parte di italiani che hanno anestetizzato la loro coscienza e hanno illuso i giovani con il miraggio della libertà.

Il mito della libertà fasulla applaude e incorona i giudici della Corte costituzionale mentre con una sentenza senza precedenti autorizzano in Italia il suicidio assistito. Cronaca di una morte annunciata, verrebbe da dire e tale si tratta se si pensa al ritardo della politica e forse anche della Chiesa nel cercare in tutti i modi possibili di fermare il braccio della morte. 

L’antefatto

Il 27 febbraio 2018 alle 11.40 presso la clinica Dignitas in Svizzera moriva Fabiano Antoniani, più conosciuto come dj Fabo. Quattro anni prima, in seguito ad un incidente, aveva riportato gravi conseguenze fisiche (era cieco e tetraplegico) e riteneva insopportabile la sua condizione. Interviene ad aiutarlo a realizzare il suo sogno di passare a miglior vita, il radicale Marco Cappato che rientrando in Italia, dopo la morte dell’amico, si autodenunciava per aver violato l’art 580 del Codice penale che punisce “chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione”. Si apre una vicenda giudiziaria. La Corte di Assise di Milano pone alla Corte costituzionale la questione sulla legittimità dell’articolo 580. La Corte con l’ordinanza 207 del 2018 invita il Parlamento a introdurre disposizioni legislative in merito ma fa già capire qual è la sua posizione al riguardo notando che non è corretto che l’articolo 580 metta sullo stesso piano chi determina o rafforza il proposito suicida di una persona vulnerabile e chi invece svolge solo un ruolo esecutivo rispetto a chi ha già maturato una ferma volontà di morire. Insomma, i giudici dicono al legislatore già cosa fare e in quanto tempo.

Cosa fa il Parlamento?

Per alcuni mesi si svolgono delle audizioni informali sul tema. Dopodiché il tema non viene più calendarizzato. C’è un timido tentativo di arrivare ad una proposta di legge soffocato dalla crisi estiva del Governo. La CEI e il mondo delle associazioni cattoliche intervengono a luglio, organizzano incontri, convegni. Non ultimo quello dell’11 settembre a Roma, dove erano seduti allo stesso tavolo la Chiesa, le associazioni cattoliche e i parlamentari dei diversi partiti politici. All’indomani però di quel giorno in cui sembrava che la politica si fosse svegliata dal torpore e dal rischio di inserire l’Italia tra i pochi Paesi al mondo che hanno legalizzato il suicidio assistito, tutto tace. La politica si lava le mani e lascia alla Corte costituzionale di fare il lavoro sporco. Meglio restare sulle retrovie ad aspettare. 

La sentenza della Corte

E così il grande giorno è arrivato e con esso una grande ed enorme spada di Damocle che pende sul collo dei malati, dei disabili gravi e delle loro famiglie. È “non punibile”, a “determinate condizioni”, chi “agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”. Questa è la sentenza mortifera, sancita dalla Corte costituzionale, sulla questione di legittimità dell’articolo 580 del Codice penale sollevata nell’ambito del processo a Marco Cappato.  La Corte – si legge nella nota diramata stasera da Palazzo della Consulta in attesa del deposito della sentenza che avverrà nelle prossime settimane – ha “subordinato la non punibilità al rispetto delle modalità previste dalla normativa sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua” (il riferimento è agli articoli 1 e 2 della legge 219/2017 in materia di consenso informato e Dat) e “alla verifica sia delle condizioni richieste che delle modalità di esecuzione da parte di una struttura pubblica del Ssn, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente”.

Quali sono le conseguenze? 

La decisione della Corte costituzionale non dichiara illegittimo l’art. 580 ma rafforza i poteri del giudice, demandando a lui di stabilire su un singolo caso se sussistono le condizioni per la non punibilità. In poche parole, dà al giudice il potere di stabilire in concreto quando togliere la vita a una persona sia un atto sanzionato oppure no. Inoltre, non menziona l’obiezione di coscienza, medicalizza il suicidio assistito e demanda al Servizio sanitario nazionale. Infine, genera una grande confusione ritenendo indispensabile l’intervento del legislatore. E allora perché si è espressa?

In conclusione

C’è una prepotenza in questo modo di fare, un’arroganza che i più leggono come segno di civiltà perché, secondo alcuni, dobbiamo essere liberi di esercitare il diritto a quando e come morire. Ci rendiamo conto che siamo vittime senza possibilità di replica di una regia che edulcorando anche l’ora della morte come un semplice e indolore passaggio ci sta rendendo tutti schiavi del potere?

Ancora una volta tornano con forza le parole di Chesterton: “La grande marcia della distruzione intellettuale proseguirà. Tutto sarà negato. Tutto diventerà un credo. È una posizione ragionevole negare le pietre della strada; diventerà un dogma religioso riaffermarle. È una tesi razionale quella che ci vuole tutti immersi in un sogno; sarà una forma assennata di misticismo asserire che siamo tutti svegli. Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Noi ci ritroveremo a difendere non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Combatteremo per i prodigi visibili come se fossero invisibili. Guarderemo l’erba e i cieli impossibili con uno strano coraggio. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto”.

Noi continueremo come Punto Famiglia a raccontare soprattutto le storie di tante famiglie e dei loro malati che vogliono vivere ed essere aiutati, attraverso le cure palliative, ad attraversare il tempo del dolore e della malattia con dignità. Continueremo a difendere i prodigi della vita. Lo faremo anche con il vostro aiuto, le vostre storie. Le nostre vite.




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