
Spaccando i vetri
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 10,1-12)
In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: “Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città».
Il commento
“Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi” (10,11). Il terzo evangelista è conosciuto come lo “scriba mansuetudinis Christi”, cioè l’evangelista che più degli altri sottolinea la tenerezza di Dio. Eppure, non ritiene di eliminare o attenuare la terza parte delle indicazioni missionarie, quelle che descrivono l’atteggiamento da tenere in caso di rifiuto. Evidentemente quelle parole, che disturbano la nostra mentalità di cittadini tolleranti, non sono percepite come una mancanza di carità nei confronti del prossimo. Gesù invita a i discepoli a non aver paura di dire tutta la verità, come se dicesse: “Non andatevene come ladri sorpresi a rubare, non chiedete scusa come chi pensa di avere disturbato la quiete. Al contrario, andate nella piazze e lasciate a tutti un ammonimento perché capiscano la gravità del rifiuto”. Il gesto proposto da Gesù è piuttosto sgradevole, gli ebrei lo usavano quando tornavano dalle città o nazioni pagane, per indicare che non volevano portare nulla di quei luoghi, nemmeno la polvere. Non è dunque un gesto di cortesia ma non va inteso neppure come una rottura. Si tratta piuttosto di una modalità per esprimere il proprio giudizio, per manifestare cioè il dissenso e dire ad alta voce che rifiutare il Vangelo significa allontanare Dio dalla propria vita, perdere l’appuntamento con la salvezza. Dare un giudizio è un’espressione di vera carità e anche di fiducia, tant’è vero che il gesto è accompagnato da una parola: “sappiate però che il regno di Dio è vicino” (10,11). Ripetere quelle parole, che rappresentano il cuore dell’annuncio, significa consegnare alla gente un’altra possibilità. Quest’invito alla conversione viene espresso in una forma ruvida, inaccettabile per molti. Ci sono situazioni nella vita in cui servono parole dolci ed altre in cui solo la severità può scuotere dall’apatia. Non sempre Dio entra nella casa bussando educatamente e passando dalla porta. A volte lo fa spaccando i vetri. Beati coloro che sanno riconoscere la luce anche negli eventi più oscuri della vita.
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