5 ottobre 2019

5 Ottobre 2019

Vivere nell’abbraccio di Dio

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 10,17-24)
In quel tempo, i settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli». In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo». E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono».

Il commento

Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra» (10, 21). La prima parola che l’evangelista attribuisce a Gesù è quella in cui rivendica la sua coscienza filiale: “Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” (2,49). Queste parole sorprendono Maria e Giuseppe, che pure sono abituati a trattare con Dio. Il vocabolo Padre evidentemente ha un particolare valore sulle labbra di Gesù, esprime la sua particolare confidenza con Dio, una relazione che ha un’intimità per noi inimmaginabile. Nel cuore della missione ritroviamo la stessa parola nel contesto di una preghiera di lode che riconosce l’opera meravigliosa che Dio compie malgrado le resistenze e le ombre dell’umanità, come appare nel riferimento ai dotti e ai sapienti che non accolgono la luce. Questa parola ritorna, nuovamente, sotto forma di preghiera, in tutt’altro contesto, quello drammatico del Getsemani:  “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice!” (22, 42); e poi ancora sulla croce: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (23, 46). La vita e la missione di Gesù sono dunque ritmate dalla coscienza filiale: Anzi, possiamo dire che questa relazione sostiene e orienta tutti i suoi passi. Per questo invita i discepoli a coltivare la fede in Dio Padre per imparare a vivere nella luce di questa paternità che si manifesta nella Provvidenza e nella misericordia (6,36). “Padre” non è un attributo ma è il nome proprio di Dio. Egli vuole essere chiamato per nome. È bello pregare con la coscienza di essere figli eternamente pensati, amati e sostenuti da Dio. Vivere nell’abbraccio di Dio è una grazia inestimabile che – ahimè – non tutti conoscono, una grazia nascosta anche a molti credenti. Non possiamo cercare la volontà del Padre se non abbiamo acquisito l’intima certezza che quello che Egli desidera è il più grande bene per noi. Non possiamo vivere nella gioia se non abbiamo maturato la convinzione che l’opera di Dio passa anche attraverso le ombre. Oggi chiediamo la grazia di ripetere più spesso: “Ti rendo lode, o Padre”.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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