Mese missionario

“La vista delle stelle mi fa sognare…”

stelle

di suor Daniela Cristiana Galletto

Quante volte gli adulti che hanno lasciato parlare il bambino che vive in loro, hanno osato il primo passo di un cammino nuovo e rivoluzionario? Sforziamoci di guardare il mondo dalla prospettiva di Dio e allora potremo ricominciare a sognare sul serio.

Sogno di dipingere e poi dipingo il mio sono” (V. Van Gogh)

Quando un bambino ci racconta un suo sogno per il futuro, a parlare non sono solo le labbra, ma soprattutto gli occhi, carichi di luce, fiducia e bellezza. Il sogno, infatti, ha il potere di aggiungere una sfumatura nuova alla vita, uno squarcio di luce nel presente, un respiro di libertà che si traduce in desiderio di costruire già oggi qualcosa di bello per avvicinare il futuro sognato e renderlo più vero. Quante volte nella storia gli adulti che hanno lasciato parlare il bambino che vive in loro hanno osato il primo passo di un cammino nuovo, rivoluzionario? Non parlo solo dei santi, ma di tutti coloro che hanno ascoltato il grido profondo che si fa strada nel cuore e hanno scelto di vivere la propria esistenza come un’opportunità unica e imperdibile. 

Questo grido porta dentro di sé il desiderio di Dio che nel Vangelo prende sempre la forma di un di più rispetto alla vita, di qualcosa che deve ancora maturare, ma è già nascosto nei solchi della nostra quotidianità. Il nostro Dio vede nei germogli spighe mature e desidera insegnarci il suo stesso sguardo perché possiamo prenderci cura della vita sempre, soprattutto là dove essa sembra calpestata, schiacciata, ignorata. Ecco perché papa Francesco ha indetto un mese missionario straordinario per questo ottobre 2019 e ci ha consegnato la chiave per vivere qui e ora il sogno di Dio su di noi. In un mondo in cui il grido di Abele si può riconoscere nel dolore di ogni uomo che soffre per la malattia o la solitudine; di ogni corpo calpestato nella dignità; di ogni persona costretta a migrare dal proprio paese, “colpevole” soltanto di portare nel cuore la sete di vivere; di ogni famiglia spezzata dal risentimento e dalla vendetta, siamo chiamati tutti a metterci in cammino prima di tutto nel nostro cuore, per lasciarci alle spalle i nostri criteri di giustizia e lasciarci raggiungere dallo sguardo carico di fiducia con cui ci guarda Dio. Solo chi si lascia toccare il cuore dalla Misericordia e si scopre amato dal Padre, può accettare di immergersi con coraggio nelle sfide che il mondo ci chiede di affrontare perché si compia in tutti la volontà di Dio: renderci felici. 

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Dio continuamente lotta perché nessuno si perda e ci insegna a lottare dalla sua parte. Non basta dire: “Non faccio nulla di male!”, perché l’indifferenza e il silenzio inerte di fronte ai drammi dell’umanità dimostrano non tanto la nostra mancanza di coraggio, quanto la complicità con il male e, in questo modo, si toglie vita alla Vita, perché viene meno la speranza che qualcosa può ancora cambiare… In ciascuna persona c’è almeno un chicco di grano buono da cui ripartire: si tratta allora di perdere del tempo non per lamentarci per qualcosa che non c’è, ma per cercare con tutte le nostre forze quello che di buono c’è. Senza preoccuparsi che sia troppo poco! 

Ecco, allora, la tecnica per dipingere non su una tela di stoffa come farebbe Van Gogh, ma sulla trama delle nostre vite: l’arte di inginocchiarsi e di vedere da vicino gli altri, a partire dalle persone che vivono accanto a noi. Non c’è missionarietà senza prossimità: ogni atto di generosità che ci muove a donare qualcosa di nostro per chi è meno fortunato e magari vive dall’altra parte del pianeta rischia di essere un vuoto gesto esteriore che non cambia il cuore perché non ha la forza di scomodarci. È più faticoso, invece, prestare attenzione alla sorella o al fratello che non sempre riusciamo ad ascoltare, ai genitori anziani di cui dobbiamo prenderci cura, ai figli che non sempre comprendiamo, ai vicini di casa di cui non conosciamo forse neanche il nome; è più faticoso perché ci mette in discussione, ci fa sperimentare anche il fallimento e la delusione. Ecco la prima sfida per chi vuole abbracciare la missionarietà: in un tempo ferito dalla sfiducia e dalla diffidenza è urgente reimparare ad ascoltare prima di tutto i bisogni profondi di chi è vicino. Chi vive nella solitudine, nel dolore, nella rassegnazione e nella povertà, chi non riesce a rialzarsi e a trovare un solo motivo per camminare ancora trovi in noi non dei giudici, ma persone innamorate della vita, capaci di perdonare, comprendere, commuoversi, abbracciare e riscaldare il cuore. 

Non ci è chiesto di avere sempre una risposta alle domande degli altri. Cominciamo a liberare il nostro cuore dai giudizi, dalle norme, dalle sicurezze, dalle pretese di sapere ciò che è bene e ciò che è male. Lasciamoci indicare la strada dal pittore olandese che affermava: “Non so nulla delle certezze, ma la vista delle stelle mi fa sognare…” e alziamo un po’ lo sguardo: allora sarà possibile ospitare in noi i sogni di Dio ed essere collaboratori perché il nostro mondo torni a fiorire in tutta la sua bellezza.




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