18 ottobre 2019

18 Ottobre 2019

Un altro nome di Gesù

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 10,1-9)
In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».

Il commento

Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi” (10,3). Prima di inviare i discepoli, Gesù non nasconde i pericoli, anzi li presenta con un’immagine che non ha bisogno di raffinate spiegazioni: annuncia che lungo il cammino incontreranno lupi eppure chiede loro di essere e restare agnelli. Tutto questo appare umanamente come un suicidio perché i lupi non hanno alcun desiderio di dialogare con gli agnelli. La sapienza del Vangelo non corrisponde alle nostre attese, la strategia apostolica che Gesù insegna è ben diversa da quella che prevede l’umana ragionevolezza. Pur sapendo che dovremo fare i conti con il maligno, il quale cercherà a tutti i costi di soffocare la nostra voce, il Signore chiede di non vincere con la forza. Restare agnelli significa diventare icona di Colui che il NT presenta come “l’agnello di Dio” (Gv 1,29). È un altro nome di Gesù! Il Figlio di Dio salva il mondo proprio facendosi agnello, accettando di essere “agnello immolato” (Ap 5,6). Ci libera dal male amando fino a donare la vita. È questa la radicale novità del cristianesimo. Se restiamo agnelli, diffondiamo il Vangelo anche senza parlare. Se rifiutiamo di esserlo, facciamo del cristianesimo un’ideologia uguale alle altre.

Alla luce di questa parola si comprende che nessuno può rispondere alla chiamata apostolica senza prima aver fatto un vero cammino interiore che lo ha fortificato e preparato ad affrontare le battaglie della vita. Per questo motivo alcuni partono con sincera convinzione ma vengono meno quando incontrano difficoltà. Non hanno messo in conto le prove né hanno compreso che solo la croce salva. Non sono preparati ai sacrifici e alle rinunce che la vita comporta. Questa parola non vale soltanto per i presbiteri e i consacrati ma riguarda tutti i battezzati. Quanti sposi s’incamminano con ingenuità ma scoprono di non avere le forze per camminare nei sentieri dell’amore. Oggi chiediamo al Signore la grazia della fedeltà. Non possiamo sapere in anticipo quali difficoltà incontreremo ma possiamo essere certi che, in qualunque circostanza, Colui che ci ha chiamati non verrà meno. “Degno di fede è colui che vi chiama: egli farà tutto questo!” (1Ts 5,24).



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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