Sindrome di Down

“Aveva la sindrome di Down, ma ho scelto l’amore e l’ho fatto nascere”

di Cecilia Ramaioli, Unione giuristi cattolici

Dai Giuristi cattolici la straordinaria intervista a Cristina Lanfranchi, madre di un bambino con sindrome di Down: “La definivano una scelta etica, ma per me far nascere Niky è stata solo una scelta d’amore”.

Mi presenti tuo figlio Niky e mi racconti il suo arrivo in famiglia?

La mia famiglia è composta da quattro persone, io e mio marito, nostro figlio maggiore di sette anni e il piccolo di casa Niky che ha compiuto quattro anni. Niky è un bambino speciale e non solo perché è nato il 14 febbraio, giorno di San Valentino, ha rivoluzionato le nostre abitudini di vita, è molto simpatico e dolce, ma perché è nato con la sindrome di Down. Al suo ingresso nella nostra famiglia è stato accolto da tutti con tanto amore, da parte dei nonni, degli zii e dei cugini grandi e più piccoli e questo è stato molto importante per noi.

Come è stato il primo impatto con la notizia di possibili problemi del bambino?

Lo ricordo molto bene come uno di quegli episodi che nella vita non si possono cancellare, il giorno in cui dal medico ho effettuato l’ecografia e le parole del dottore che ha notato una translucenza nucale non nella norma, prospettandoci il rischio della possibile nascita di un bambino con problemi genetici o malformazioni.

È stato molto difficile in primo luogo perché inaspettato e poi perché il parere non richiesto, espresso dal dottore, di prendere in considerazione l’interruzione della gravidanza ha fatto crollare tutte le certezze e le sicurezze avute fino a quel momento.

Ho deciso di non effettuare esami invasivi che potessero danneggiare mio figlio. Ho però effettuato un test genetico privatamente, molto costoso, che con un semplice prelievo di sangue mi ha refertato la trisomia 21. Da quell’esito ho avuto così la consapevolezza che avrei avuto un bambino con la sindrome di Down.

Dopo aver deciso di cambiare centro per gli esami, sono seguite altre ecografie effettuate in ospedale con controlli molto accurati fino a quando i medici hanno deciso di far nascere al Policlinico di Pavia il mio bambino prematuramente per evitargli una possibile sofferenza.

Un ruolo importante durante la mia gravidanza ha avuto la mia ginecologa che, da medico obiettore di coscienza, ha cercato di indirizzarmi al meglio senza influenzare le mie scelte.

Quali e quante sono state le difficoltà che avete affrontato?

Ho vissute tante difficoltà durante i mesi della gravidanza. La presa di coscienza della nascita di un figlio diversamente abile, le tante domande rimaste senza una risposta, le speranze e le preghiere.

Un supporto alle future mamme come quello offerto nei Centri di aiuto alla vita (CAV), o da parte di altre strutture o medici, è auspicabile di fronte a queste situazioni.

Dopo la nascita di Niky ho cambiato prospettiva e ho iniziato a vivere quotidianamente le problematiche che si presentano nella consapevolezza che siamo tenuti a tentare di indirizzare la nostra vita al meglio, ma anche che il progetto su di noi è inafferrabile.

Quali sono stati i primi aiuti concreti per affrontare la situazione?

Sicuramente l’affetto e la vicinanza dei nostri cari, dei nostri amici, del nostro parroco, dei sacerdoti che conosciamo e di tante persone che ci sono state vicine.

Avete avuto degli esperti o istituzioni che da subito vi hanno affiancato?

Alcuni incontri o conoscenze possono essere determinanti quando nasce un figlio diversamente abile. Ricordo ancora le parole scambiate con la psicologa che si intratteneva con i genitori dei bambini nati prematuramente e ricoverati nel reparto di neonatologia del Policlinico, perché ci aveva indirizzati nel contattare l’Associazione Anffas, costituita dalle famiglie di figli con diverse abilità. Appena dimesso Niky dall’ospedale con mio marito ci siamo recati all’Anffas, ricevendo non solo indicazioni molto utili per iniziare a muoverci nelle varie strutture per aiutare il bambino, ma soprattutto una grande umanità.

Con questo vorrei dare un’indicazione anche ad altri genitori che, inesperti come noi, possano trovare nei professionisti e nelle associazioni un sostegno molto utile sia a livello pratico che morale.

Ci è voluto del tempo e tanta pazienza per capire come impostare l’assistenza al bambino?

La sindrome di Down, come tante altre patologie, comporta l’insorgere nei bambini fin dalla nascita o nel tempo di tantissimi deficit che possono riguardare la malattia: fisici, ma anche cognitivi, comportamentali e relazionali. Per questo motivo i bambini diversamente abili necessitano di tanti specialisti e di tante cure. La vita della famiglia quindi dovrà tenere conto degli spazi da dedicare all’assistenza del bambino, che impegna sicuramente molto di più rispetto alla gestione di un bambino che nasce senza particolari problemi.

I diritti del bambino e i vostri vi sono stati spiegati subito da qualcuno o li avete dovuti studiare voi per primi e poi chiederne il loro rispetto e la loro attuazione?

Direi che a nessun genitore vengono inizialmente spiegate le tutele di cui possono usufruire i bambini diversamente abili e che i genitori si ritrovano costretti a doversi documentare da soli magari cercando aiuto nelle associazioni che tutelano i diritti di queste persone e che sono al corrente della normativa. Questa rappresenta una grande difficoltà che si trovano ad affrontare le famiglie.

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L’Azienda SST è stata ed è di sostegno alla famiglia e al bambino?

Rivolgersi all’Azienda SST della città in cui si vive è sicuramente indispensabile per poter far seguire i propri figli. Nel nostro caso permette a Niky di fare psicomotricità anche in acqua e di effettuare periodicamente delle visite dalla neuropsichiatra infantile, che ci indirizza ai diversi reparti e specialisti.

Purtroppo però per alcuni servizi di cui il bambino potrebbe usufruire siamo costretti a rivolgerci al di fuori privatamente o in altre strutture, come abbiamo dovuto fare per le sedute di logopedia per il ritardo nel linguaggio tipico della sindrome di Down.

La scuola è riuscita ad accogliere vostro figlio e a fornirvi un buon servizio educativo, per permettergli una adeguata vita culturale e sociale?

Niky ha dai primi mesi di vita frequentato l’asilo nido comunale e attualmente sta frequentando una scuola dell’infanzia cattolica. In questi anni siamo stati supportati dal Comune che ci ha fornito un’educatrice per il bambino, che lo segue in alcune ore della giornata scolastica.

Ci riteniamo molto soddisfatti perché Niky è ben inserito nella sua sezione e nella scuola grazie al lavoro svolto dalla suora referente, dalla maestra, dall’educatrice e i compagni di classe si sono molto affezionati a lui dimostrandogli tanto affetto. Le preoccupazioni dal punto di vista scolastico sono tante, soprattutto in prospettiva della frequentazione della scuola primaria.

Gli strumenti normativi, sociali, economici di sostegno alle famiglie con bambini diversamente abili funzionano?

Pur esistendo supporti alle famiglie con figli diversamente abili, vivendo la quotidianità, ritengo la maggior parte di questi inadeguati e quindi da incrementare. Per fare degli esempi, gli strumenti economici sono irrisori rapportati al costo delle cure che spesso si è costretti a effettuare in strutture private e i giorni di permesso per i genitori lavoratori sono esigui; le prestazioni pubbliche andrebbero aumentate.

I problemi quotidiani sono tanti?

Per far fronte alle necessità del bambino le giornate devono essere ben organizzate nei tempi e se entrambi i genitori lavorano diventa difficoltoso gestire le terapie, il recupero del bambino a scuola e il trasporto nelle strutture.

Le conquiste di Niky consentono di ben sperare per la sua vita futura?

Niky procede a piccoli passi, e questo va compreso e accettato da noi genitori: con le diverse abilità nella maggior parte dei casi non è possibile prevedere i progressi e di conseguenza il futuro dei propri figli. Penso che la maggior parte dei genitori non riesca a godere pienamente dei primi anni di vita dei propri bambini perché il primo pensiero e l’ultimo rimarrà sempre l’incertezza sul loro futuro. Da qui la necessità che le istituzioni pubbliche mantengano alta l’attenzione su questo aspetto così fondamentale sia per il diversamente abile che per la sua famiglia.

Vorrei concludere ricordando le parole che il medico genetista mi ha rivolto, quando il bambino aveva pochi mesi di vita, dopo aver ascoltato la mia spiegazione sulla motivazione della scelta personale a favore della vita per Niky, definendola una “scelta etica”. La morale e l’etica possono influire nella decisione di una mamma a favore della vita di un figlio diversamente abile nella società odierna, ma la scelta compiuta rimane esclusivamente una “scelta d’amore”, una grande scelta d’amore che però necessita, ritornando alle tematiche affrontate, il più possibile di supporto politico, legislativo economico e sociale.




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