Luca Sacchi

Essere genitori responsabili, che fatica!

donna

di Michela Giordano

Giovanna Proietti, si chiama così la donna che ha trovato il coraggio di denunciare suo figlio per l’omicidio di Luca Sacchi. Un modello da cui prendere esempio: una madre che ti fa arrestare per porti di fronte alle tue responsabilità è un dono del cielo.

Giovanna Proietti ha quattro figli, una casa decorosa in un quartiere popolare di Roma, un lavoro. Fa i salti mortali, insieme al marito, per far quadrare i conti. Una vita “normale”. Qualche settimana fa la voragine: ha chiamato la Polizia, indicando il figlio, Valerio, come il possibile killer di Luca Sacchi, il 24enne ucciso lo scorso 23 ottobre davanti ad un pub della capitale: “È giusto che paghi e che si assuma le sue responsabilità”, ha dichiarato la donna, tra le lacrime, aggiungendo “sono distrutta dal dolore, pensando che una madre e un padre stiano piangendo la morte di un figlio e, con lo stesso dolore nel cuore, non ho mai pensato che si potesse fare una cosa diversa da quella che ho fatto”. 

È un ragazzo fortunato, Valerio: una madre che ti fa arrestare per porti di fronte alle tue responsabilità è un dono del cielo. Troppi ne conosciamo di genitori che si ostinano a declinare gli errori dei propri pargoletti: “Mio figlio? No, impossibile”. Il vero senso dell’essere padre e madre è proprio in quella telefonata in Questura della signora Giovanna: non abbandonare, ma accompagnare. Ha fatto lo stesso un’altra madre Daniela Manzitti di Corato, due figli, una ragazza di 27 anni e Michael, che ha denunciato per farlo arrestare. “Lo farei di nuovo, anche se mi odiasse”. 

Michael, latitante da tre mesi, si presentò nell’ospedale in cui la compagna incinta avrebbe dovuto sottoporsi alla prima ecografia. Quando sua madre lo vide non esitò a chiamare i Carabinieri. “Non dimenticherò le parole di mio figlio: ti odierò per il resto della mia vita”, racconta Daniela, che non nasconde la disperazione e il senso di colpa vissuti nei mesi successivi. Poi, anche per Michael, arrivò il punto di non ritorno, quello che, prima o poi, bussa alla porta di chi ama: la nostalgia, la mamma gli è mancata. Michael chiede a Daniela di andare a colloquio in carcere. Comincia una seconda vita, quella in cui quel figlio scapestrato, nel frattempo diventato papà, fa ammenda degli errori e comincia a costruire un futuro per quando sarà di nuovo fuori.

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Essere genitori responsabili, che fatica! Io e le mie sorelle siamo cresciute nell’incubo di “avere torto”. Per mia madre e mio padre c’era sempre qualche nostra responsabilità in ballo “potevi stare più attenta, dovevi chiedere scusa, avresti potuto prendere 8”. Raramente siamo state applaudite, anzi, quando pensavamo di aver ricevuto qualche torto, talora, a casa ci aspettava “il resto”: una punizione o una “montessoriana” sculacciata. Da adulta ho chiesto: “Perché facevate così?”. E i miei genitori, con un candore disarmante: “Vi dovevamo educare”. Non so se sia stato giusto oppure no, in ogni caso quella che sono oggi è certamente il frutto di quella rigidità educativa. Non so se la replicherò pedissequamente con mia figlia, ma certo mi condiziona.  Alle “mamma come Giovanna o Daniela” d’Italia, dico, con il capo della Polizia, Gabrielli: “Grazie, gesti come i vostri ci inducono a pensare che nel nostro Paese, c’è ancora speranza”.




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