Nativi digitali

Saranno anche nativi digitali, ma abboccano a qualsiasi bufala

smartphone

a cura della Redazione

I risultati dell’indagine IEA sulle competenze digitali di 46 mila ragazzi di terza media di 12 Paesi rivela: appena il 2 per cento ha dimostrato di avere il pieno controllo dei contenuti della Rete.

Sono nati col telefonino ma non per questo lo sanno usare in modo consapevole. Li crediamo sgamati, più capaci di distinguere informazioni verificate e fake news, ma non lo sono affatto. Lo dimostra in modo molto netto l’ultimo rapporto IEA sulle competenze digitali degli studenti di terza media di 14 Paesi, Italia inclusa.

Su 46 mila studenti testati, appena il 2 per cento ha dimostrato di avere il pieno controllo dei contenuti della Rete e di saperne valutare in modo critico l’attendibilità. Tutti gli altri sono pronti ad abboccare a qualsiasi bufala. Da questo punto di vista le scuole, salvo alcune eccezioni (Paesi scandinavi e Corea), sono ancora molto carenti perché in questi anni si è investito molto sugli equipaggiamenti (computer, lavagne digitali e connessioni) ma ancora troppo poco sulla formazione di docenti e studenti.

La versione dei prof diverge sensibilmente da quella degli studenti: in media poco meno della metà (48%) dei 26 mila insegnanti censiti riferisce di usare le nuove tecnologie in classe ogni giorno; in Italia solo un docente su tre (35%).

Il rapporto sull’alfabetizzazione digitale della IEA (International Association for the Evaluation of Educational Achievement) fissa quattro livelli di competenza per i ragazzi: (base, assistito, indipendente, avanzato). La media dei 12 Paesi analizzati – Cile, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Kazakhstan, Corea, Lussemburgo, Portogallo, Uruguay e Stati Uniti – è ferma al livello elementare. Il punteggio più alto è quello dei danesi (553), il più basso quello dei kazakhi (395). L’Italia con una media di 461 si trova al terzultimo posto, davanti all’Uruguay e dietro al Cile: la percentuale di ragazzi eccellenti è pari a zero, mentre uno su quattro non arriva nemmeno alla sufficienza. Non è invece dato sapere – perché non è stato censito – quale sia il livello degli studenti italiani in fatto di pensiero computazionale (ovvero dei rudimenti di programmazione digitale, il cosiddetto coding).




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