Verginità

di Assunta Scialdone

Anche gli sposi sono chiamati a vivere la verginità all’interno del loro matrimonio?

14 Novembre 2019

Matrimonio

Il matrimonio e la verginità sono come due risposte diverse all’unica chiamata di Dio, quella all’amore, due modalità vocazionali intrecciate tra loro per offrire la propria vita a Dio e raggiungere la santità: queste due “modalità” sono già iscritte nella nuzialità del corpo e conducono verso quel matrimonio eterno che indichiamo talvolta con l’espressione “nozze mistiche” con Dio.

La persona umana può comprendersi e divenire se stessa se si guarda nella prospettiva dell’atto della creazione e di quello della risurrezione degli uomini. La storia dell’intera umanità che si sviluppa nel tempo che intercorre tra questi due avvenimenti è segnata dal Decalogo e dal discorso della montagna. Ne discende, quindi, un’antropologia anche etica, che vuole indicare all’uomo in che modo può arrivare alla sua piena felicità, cioè alla santità. In tale storia, il cristiano può scegliere d’essere dono nello stato matrimoniale, via che conduce allo stato di perfezione, cioè all’amore perfetto, oppure nello stato verginale che, in un certo modo, anticipa lo stato di perfezione che si vivrà alla risurrezione dei corpi. Contrariamente a quanto si crede, però, la risurrezione costituisce un insieme organico con la creazione e ciò comporta che la verginità e il matrimonio sono comprensibili solo nella loro mutua relazione.

La via del matrimonio è senz’altro quella più naturale per rispondere al progetto originario di Dio: essere dono nell’una sola carne. La via verginale sembra essere quella meno naturale. Spesso, inoltre, la via del matrimonio viene letta alla luce del principio e quella verginale alla luce del compimento finale, ma in realtà anche la via verginale andrebbe letta alla luce del principio genesiaco così come quella matrimoniale alla luce della parusia. La via verginale è innestata nella natura umana già nell’atto stesso della creazione nella misura in cui il primo e l’ultimo punto di riferimento della natura umana è Dio. L’uomo, infatti, è creato innanzi tutto in relazione con Dio e, secondariamente, con gli altri esseri umani, il mondo animale e vegetale. Lungo tutta la sua esistenza, l’uomo ha il compito di coltivare la relazione con il suo Creatore e ciò si realizza anche attraverso le relazioni particolari. Nella parusia, l’uomo sarà al cospetto di Dio portando con sé quella relazione personale vissuta con il suo Creatore ma anche, nel caso del matrimonio, quella con il proprio coniuge che dovrebbe essere tanto feconda da divenire una con quella divina. Il matrimonio e la verginità sono presenti sia nel principio che al compimento finale e questo sottolinea che le due vie vocazionali sono innestate nella natura di ogni essere umano: si tratta solo di comprendere quale delle due è l’esplicitazione dell’Amore nella vita di ciascuno.

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I vergini vivono una condizione particolare perché anticipano, già qui sulla terra, lo stato di risurrezione: sono, in altri termini, coloro che ci preannunciano il destino di ogni uomo nel Regno dei Cieli. Nell’iniziale e finale sponsalità vi è la chiave per comprendere sia il matrimonio e sia la verginità vedendo in questi due stati di vita un insieme organico. Gli sposi sono chiamati a vivere la verginità (intesa in senso pieno e non solo in riferimento ai comportamenti sessuali) all’interno del loro matrimonio? Se la verginità è innestata nella natura di ogni essere umano, la risposta è sì. Per meglio comprendere di cosa si stia parlando analizziamo, in maniera generale, ciò che ci circonda. Nel matrimonio si possono vivere differenti situazioni di vita ordinaria che possono essere schematizzate in due momenti: quando il sacramento è vissuto bene oppure quando è accompagnato da esperienza di fallimenti. Nella prima situazione i coniugi si amano fedelmente, ognuno pensa al benessere dell’altro e collaborano per l’educazione dei figli: vivono verginalmente il loro matrimonio cioè come dono di Dio che a Lui deve tornare. In questa situazione il sacramento celebrato produce cospicui frutti di grazia e nella vita dei coniugi s’intravede una forma interiore di “verginità” che orienta a Dio tutti i membri della famiglia. Tutto è fatto nell’armonia dell’amore che pone come finalità a tutte le azioni e decisioni il “dare gloria a Dio”. Ciò non significa camminare senza affanni, senza problemi, senza preoccupazioni o scoraggiamenti, ma vivere il tutto alla presenza di Dio, affidarsi e fidarsi dell’Amore per eccellenza. Vivere immersi nel mondo, ma, nello stesso tempo, portare il mondo continuamente alla presenza di Dio conservando vivo nell’intimo dell’anima quel soffio vitale, RuahSpirito, che indica la perenne presenza di Dio in noi. Tutto ciò, ricordiamolo, scaturisce dalla dimensione verginale presente in ognuno di noi. Si tratta, come si vede, di una contemplazione di Dio che passa attraverso le maglie della quotidianità. Per rendere possibile tutto ciò bisogna essere educati all’importanza della preghiera e alla riscoperta di quella forma di contemplazione di Dio propria dei fedeli laici. 

Nella seconda situazione, invece, i coniugi vivono esperienze drammatiche di solitudine, incomprensioni, di fallimento nell’educazione dei figli, di disperazione e persino di tradimento. Tuttavia, per coloro che amano Dio, tutto concorre al bene, come ci ricorda san Paolo. L’affermazione paolina, letta solo dall’angolatura puramente mondana, risulta d’impossibile applicazione. Ecco perché i coniugi, di fronte alle difficoltà, tendono a disfarsi di tutto ciò che causa loro tristezza e peso, proprio come si fa con l’immondizia, che si accumula in appositi sacchetti che non vediamo l’ora di tirare fuori dalle nostre case. Allo stesso modo si fa con le relazioni coniugali. Quando una relazione coniugale diventa peso e causa di sofferenza, il primo istinto è affermare la grave falsità che “il matrimonio è finito” e, subito dopo, disfarsene come il sacchetto della pattumiera dimenticando che tutto concorre al nostro bene. Così facendo i coniugi sotterrano la dimensione verginale presente in loro sottraendo a Dio l’opportunità di trasformare il loro lamento in danza, la loro lacerazione in momento vitale per se stessi e per gli altri. Se ciò non fosse vero su che base prima Gesù (Mt 19) e poi la Chiesa potrebbero proporre l’indissolubilità del matrimonio?

Altre volte le due situazioni sono mescolate assieme oppure vissute a periodi alterni. Le situazioni drammatiche o addirittura di tradimento potrebbero essere vissute come momento di educazione alla “verginità” per lasciarsi ricondurre all’unico Sposo, Cristo. Non dobbiamo mai dimenticare che il sacramento è uno strumento di unione con Dio e che ciò è vero sia quando è accompagnato da segni positivi, sia quando questi non si vedono. Proprio quando si vivono situazioni drammatiche il cristiano dovrebbe richiedere l’intervento dello Sposo Divino per essere accompagnato all’unione con Dio. Quanto bene si potrebbe trarre da situazioni di sofferenza! I cristiani, invece, sprecano queste occasioni di grazia perché non educati a vivere la verginità come mezzo che li conduce a Dio. Anche i vergini, con modalità differenti, si ritrovano a vivere le situazioni simili. Nei momenti drammatici, di smarrimento, delusione, fallimento e di forte tentazione la verginità consacrata può naufragare nel mare dell’egoismo, smarrendo il rapporto con il Creatore, riducendo così la propria vocazione ad un’esplicazione di atti liturgici da compiere per la collettività senza porre in loro amore, gioia e passione: in una sola parola offuscando completamente il Volto di Cristo e portando solo se stessi. Il vergine sa, però, che potrebbe anche sublimare quel momento di forte aridità consegnandolo nelle mani di Dio attraverso l’intensificazione della preghiera e del digiuno (pratica erroneamente considerata superata), dando al Creatore la possibilità di illuminare quel momento per fortificare l’anima e offrirle copiose grazie che lo condurranno alla propria e altrui santificazione. 

La verginità e il matrimonio sono due modus vivendi diversi che convergono ed esprimono l’unico mistero sponsale di Cristo con la Chiesa. Il matrimonio e la verginità sono come due risposte diverse all’unica chiamata di Dio, quella all’amore, due modalità vocazionali intrecciate tra loro per offrire la propria vita a Dio e raggiungere la santità: queste due “modalità” sono già iscritte nella nuzialità del corpo e conducono verso quel matrimonio eterno che indichiamo talvolta con l’espressione “nozze mistiche” con Dio. Sono, per così dire, il naturale sbocco dell’essere creati “maschio e femmina” aperti all’altro ed alla relazione.

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