Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria – 8 dicembre 2019

Tutti siamo chiamati ad essere santi

Dio ci vuole santi ed immacolati. Il Padre vuole realizzare in noi la trasformazione della vita, operata in Maria, per un singolarissimo privilegio, al momento del suo concepimento, preservandola da ogni macchia di peccato originale, in previsione dei meriti di Cristo.

Dalla Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini (1,3-6.11-12)
In Cristo Dio ci ha scelti prima della creazione del mondo.

Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo,
che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo.
In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo
per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità,
predestinandoci a essere per lui figli adottivi
mediante Gesù Cristo,
secondo il disegno d’amore della sua volontà,
a lode dello splendore della sua grazia,
di cui ci ha gratificati nel Figlio amato.
In lui siamo stati fatti anche eredi,
predestinati – secondo il progetto di colui
che tutto opera secondo la sua volontà –
a essere lode della sua gloria,
noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo.

 

Quest’anno la seconda Domenica di Avvento lascia il posto alla liturgia della solennità dell’Immacolata Concezione della beata Vergine Maria, occasione quanto mai opportuna per comprendere il mistero dell’incarnazione ed aprirci alla grazia della predestinazione alla santità che Dio Padre concede ad ogni discepolo del suo Figlio. Maria ci guida per mano verso Gesù Cristo e, nel suo itinerario di fede, ci mostra come la docilità e l’abbandono devono scandire ogni cammino di sequela. La Prima Lettura, attraverso il brano di Gen 3 definito Proto-Vangelo, per la promessa che presenta, dopo il peccato di Adamo ed Eva (cf. Gen 3,9-15.20), ci mostra come Dio non pensa al castigo, per quanto incorrono nella disobbedienza dei suoi comandamenti, ma offre una tavola di salvezza, con il suo Figlio Gesù Cristo, nato da Maria, la nuova Eva, che schiaccia il capo del serpente infernale. La pericope evangelica, tratta dalla Prima opera di san Luca (cf. 1,26-38), descrive il silenzio di Nazaret, rotto l’annuncio di Gabriele, che dona alla Vergine santa di accogliere il progetto del Padre, per la salvezza del mondo. Il Fiat di Maria diventa la possibilità offerta a Dio, di farsi uomo e a noi di sperimentare la salvezza ed il riscatto dal male. Nella Seconda Lettura, brano conosciuto ed indicato come l’inno della Lettera agli Efesini (cf. 1,3-6.11-12), l’Apostolo presenta il piano della redenzione, che Dio Padre realizza in Cristo, nel quale abbiamo la sorgente di ogni benedizione.
Tutti siamo chiamati ad accogliere Cristo Gesù come la benedizione del Padre per ogni creatura (Seconda Lettura). Chi accoglie la volontà di Dio, al pari di Maria, offrendo il proprio assenso alla redenzione del mondo (Vangelo), combatte il potere del male (Prima Lettura) e diventa segno, con la sua vita, del potenza del bene, che Gesù dona ai suoi discepoli.

Dio ha un progetto per la nostra gioia: Gesù Cristo, suo Figlio

Il brano paolino, che la liturgia ci dona oggi come Seconda Lettura, nella solennità dell’Immacolata Concezione, è tratto dall’epistola, indirizzata da san Paolo alla giovane chiesa di Efeso. Importante centro politico e culturale dell’Asia Minore, nell’odierna Turchia, la città vide lo sviluppo rapido di una comunità cristiana, grazie alla predicazione dell’Apostolo che, durante il suo terzo viaggio missionario, vi rimase per circa tre anni (cf. At 20,31). La lettera, scritta da Roma, tra il 61 e il 63, è un’accorata esortazione, finalizzata a guidare gli Efesini a divenire adulti nella fede, spronandoli ad un fattivo impegno per costruire la Chiesa il corpo di Cristo presente nella storia. Lo scritto può essere diviso in due parti, una dottrinale (cf. 1,3-3,21), cui segue la seconda esortativa (cf. 4,1-6,20). Arricchiscono la lettera i tre cantici che Paolo intervalla nel corso del suo argomentare (cf. Ef 1,4-14; 1,20-23; 2,14-18) e che presentano il primato universale di Cristo. Il primo di questi, anche se non intero (cf. Ef 1,3-6.11-12), ci viene donato dalla liturgia odierna, quasi a mostraci che Maria, nel mistero della sua bellezza e del suo Immacolato Concepimento, rientra, come ogni creatura, nel progetto che Dio Padre, fin dalla fondazione del mondo, ha pensato, voluto ed amato di realizzare attraverso il suo diletto Figlio.

L’inizio dell’inno – il genere letterario è diverso rispetto all’epistola, visto che si tratta di un cantico a Cristo Signore – mostra subito uno stile solenne: “Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo”. L’attenzione del lettore è rivolta verso il Cielo, in un cantico di lode che accomuna tutta la creazione. Il cuore del credente è spinto, naturalmente, a benedire Dio, ad esaltare la sua misericordia, a riconoscere la sua bontà. il retroterra è antico testamentario, se si tiene conto degli inni che iniziano nello stesso modo – si pensi al Sal 31,22; 144,1 o anche a Tb 13,1, per fare solo degli esempi – come anche al Benedictus (cf. Lc 1,68-78), che l’evangelista Luca ci trasmette come cantico di Zaccaria, dopo che, alla nascita del Precursore, “fu colmato di Spirito Santo e profetò dicendo: Benedetto il Signore, Dio d’Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo”(Lc 1,67-68). L’atto di benedizione e di lode che il credente rivolge a Dio rappresenta un riconoscimento di quanto Egli ha operato nei Cieli, benedicendo gli uomini in Cristo. L’uomo che avverte di essere stato raggiunto da Cristo, che è la benedizione del Padre, riconosce in Lui la volontà salvifica del Padre e risponde alla benedizione, lasciando che la potenza della benedizione divina lo investa e lo porti a restituire al Padre la grazia ricevuta. La lode che nasce dal cuore dell’uomo è la conseguenza della grazia sperimentata, della scoperta inattesa della bontà di Cristo, del ravvisare nel Figlio della Vergine che Dio Padre non solo non abbandona l’uomo, ma che da sempre ha pensato a lui, lo ha intimamente amato, preordinandolo a partecipare alla sua vita divina. Chi non benedice – sembra di leggere tra le righe – è chi non ha conosciuto la bontà di Dio, perché chi vive in Cristo la vita nuova dello spirito, che ha incontrato in Gesù di Nazaret e la potenza dell’amore divino che è misericordia e perdono, non po’ chiudere il cuore alla lode, le labbra alla benedizione, le mani ad elevare al Cielo un cantico di esultanza, per la salvezza ricevuta in dono. Il Padre ha riversato in noi ogni benedizione e questa stessa realtà Giovanni presenterà nel Prologo al suo Vangelo, scrivendo: “Dalla sua pienezza tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia” (Gv 1,16). Più si va avanti poi nell’inno e maggiore è la consapevolezza che il discepolo di Cristo è chiamato a vivere, contemplando il mistero della predestinazione che Dio ha voluto per l’intera umanità. “In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo/per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità” (v. 3).

Ogni dono perfetto da parte di Dio Padre viene a noi attraverso Gesù Cristo. È Lui il mediatore nell’opera della creazione e della redenzione, l’immagine visibile del Dio invisibile. È nevralgico quel “in lui”, nell’inno paolino, perché rappresenta la cifra di ciò che di Dio l’uomo conosce e può consapevolmente godere, così come mostra l’intenzione del Padre nel creare l’uomo, avendo il suo Figlio come modello dell’umanità, rinnovata dalla forza del suo amore. Prima della creazione del mondo, il Padre ci ha scelti in Gesù Cristo, ha pensato a noi, pensando a Lui, ci ha amati nel Figlio suo diletto, ci ha predestinati, attraverso il suo mistero pasquale, ad essere figli suoi, nel suo Figlio che è l’unigenito, della sua stessa sostanza. È questa la meraviglia che deve prendere la nostra mente e alimentare la nostra lode: il Padre fin dalla fondazione del mondo ci ha voluti ed amati, uniti a sé, mediante Cristo. Non siamo frutto del caso e neppure possiamo considerare la nostra vita come lontana da Dio e dal suo progetto. In questo modo l’autore ispirato rende la relazione tra noi e Dio, che il libro della Genesi presenta con l’affermazione “Facciamo l’uomo a nostra immagine e a nostra somiglianza” (Gen 1,26), mostrando che siamo intimamente uniti a Dio, mediante il suo Figlio Gesù Cristo. È Lui lo stretto anello di congiunzione tra noi e il Padre suo e tale legame è così vivo con noi, diretto con la nostra storia, perché “il Verbo si è fatto carne e ha posto la sua dimora in mezzo a noi” (Gv 1,14). Noi siamo profondamente uniti a Cristo, nella mente di Dio e non possiamo vivere disgiunti da Lui. Per questo Gesù dice a suoi: “Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto lo pota, perché porti più frutto … Rimanete in me e io in voi” (Gv 15,1-2.4).

Sin dalla fondazione del mondo, Dio Padre mi ha amato, ha pensato ed amato la mia famiglia, ha eletto la mia comunità, mi ha creato innestato alla vite vera, che è il suo Figlio diletto, Gesù Cristo. Mi ha circondato di amore, carezzato con la sua mano provvidente, ha effuso su di me la sua misericordia. Con il salmista posso dire: “Mi hai fatto come un prodigio, sono stupende le tue opere”. Posso forse non benedire l’Altissimo, non aprire le mie labbra, per esaltare il suo santo nome? La mia vita è il riflesso della divina bellezza, il riverbero nel tempo del suo amore eterno. Mi guardo e sono stupito perché sono immagine di Cristo, somigliante a Lui, che è il più bello tra i figli dell’uomo, sulle cui labbra è diffusa la grazia. La mano del Creatore si apre e mi ricolma di ogni bene. Lo stesso stupore prende il mio cuore, quando guardo le persone che mi sono accanto, anche loro sono state da sempre benedette ed amate da Dio e così la vita prende i colori della speranza e i nostri rapporti hanno il profumo di Dio, perché la relazione tra noi, in famiglia e fuori, si sviluppa dalla consapevolezza di dover riconoscere nell’altro/a il primato di Dio, la sua grazia preveniente, il suo amore che accompagna ogni crescita, nell’amore e nel dono.

Per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità

Dio Padre non solo ha eletto l’uomo, creandolo in Cristo, ma, al tempo stesso, lo ha voluto riflesso della sua gloria, impronta nella storia della sua vita divina. Scrive Paolo, volendo indicare la finalità della creazione dell’uomo, da parte di Dio: “In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo/per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità” (v. 4). L’idea che presiede la creazione dell’universo è la vita divina in noi, il progetto del Padre sull’umanità è la perfetta comunione con Lui, in Cristo. Da sempre Egli ci ha pensati per sé e con sé, perché l’amore è desiderio di comunione, chi ama si strugge finché non dimora con colui che ama intimamente e con tutto il trasporto del proprio cuore amante. Il Padre vuole per noi il meglio, il fine che Egli desidera realizzare, nella nostra vita, attraverso la mediazione di Cristo ed il dono del suo Spirito, che passa attraverso le piaghe del Risorto, è vivere di Dio nel tempo e vivere con Lui nell’eternità. È quanto scrive anche l’apostolo Pietro: “Egli ci ha donato i beni grandissimi e preziosi e noi promessi, affinché per loro mezzo diventiate partecipi della natura divina” (2Pt 1,4). La santità è per ogni uomo il fine ordinario dell’esistenza, secondo il progetto di Dio, l’essere immacolati, ovvero il riflettere in Dio la sua divina bellezza è il significato della nostra vita, il senso del nostro esistere. Io vivo per realizzare il divino progetto, per conformare la mia volontà, affrancandola da quella di Adamo ed Eva, al volere di Dio e trovare in essa la mia pace, la sorgente della gioia, la grazia del perdono, da seminare nella vita dei miei fratelli. Essere santi, come Lui è santo (cf. Lv 11,44) è il fine che dobbiamo raggiungere, ricordando sempre che la vita di Dio non è il premio che meritano coloro che si impegnano o che vogliono fortissimamente, ma i discepoli che permettono al Signore di regnare in loro con la sua grazia, di porre nella loro vita, al pari di Maria, la sua abitazione dimora, perché ogni fibra ne diventi espressione, ogni parola manifestazione, ogni pensiero partecipazione, ogni affetto dell’anima ripresentazione.

Quanto abbiamo bisogno di rincentrare, nella nostra vita familiare ed ecclesiale, la santità, come vita di Dio a noi partecipata, per puro dono di grazia da parte di Dio! Essere santi vuol dire realizzare il progetto del Padre, assecondare la sua grazia, far abitare in noi la sua misericordia, permettere allo Spirito Santo di dimorare in noi, sempre! Essere santi significa vivere dell’amore divino, come Gesù, irradiando misericordia, comunicando affabilità, sprizzando gioia, donando pace, effondendo quell’affetto, che è ricerca sincera del bene altrui, sete di giustizia e di verità, operosità indefessa, perché i fratelli abbiano in abbondanza la vita. Quanto dobbiamo camminare per imparare ad essere semplici, piccoli come bambini, per accogliere il Signore, per obbedire alla sua parola, rispondere alla sua voce, lasciarci plasmare, nella mente e nel cuore, dalla mano dello Spirito Santo. Dio ci vuole santi ed immacolati. Il Padre vuole realizzare in noi la trasformazione della vita, operata in Maria, per un singolarissimo privilegio, al momento del suo concepimento, preservandola da ogni macchia di peccato originale, in previsione dei meriti di Cristo. Dio Padre ci vuole santi ed immacolati, come vediamo che è Maria, per il rapporto strettissimo che ha vissuto con il suo Figlio, prima ancora che venisse al mondo. Grazia in lei è il suo immacolato concepimento, come grazia è anche in noi, l’amore che ci cambia la vita e ci rende immagine somigliantissima al Signore nostro Gesù Cristo. E così, ciò che Dio Padre ha operato in Maria, prima della sua nascita, Egli lo realizza anche in noi, attraverso una vita di fede ed un incondizionato abbandono alla sua grazia santificante e trasformante. In questo la Vergine di Nazaret è nostro modello e guida. Ci mostra il cammino da intraprendere, accogliendo il Verbo e mettendoci alla sua sequela, e ci dispiega l’orizzonte verso il quale siamo diretti, l’abbraccio di Dio, che ci attende nei cieli. È possibile essere santi, perche “Nulla è impossibile a Dio” (Lc 1,37). È Lui a realizzare in noi il suo progetto, se lo lasciamo agire, senza porre impedimenti impedimenti alla sua opera in noi, alla trasformazione della nostra vita, alla santificazione della nostra esistenza. Dio ci vuole di fronte a Lui; come Egli è, santo ed immacolato, così vuole anche noi, degni di stare con Lui, di essere il suo riflesso, di potersi rispecchiare nella nostra vita, riconoscendoci figli, nel suo Figlio Gesù Cristo, amando in noi ciò che ah amato nella sua vita terrena, in Lui e trovando in noi gli stessi sentimenti di Cristo (cf. Fil 2,5), che hanno guidato la sua esistenza sulla terra, durante i suoi trentatré anni. Stare davanti a Dio è un dono, che noi abbiamo per la Pasqua di Gesù. È Lui che ci ha donato di ripresentarci al Padre, ricchi del dono delle redenzione del risorto, lavati nel suo sangue prezioso. È l’amore suo in noi che ci trasforma, al sua carità che ci infiamma, la sua grazia che abita il nostro cuore e ci spinge ad agire, secondo alla sua volontà. Siamo chiamati ad essere santi ed immacolati nell’amore, a vivere d’amore e a lasciare in noi dilagare la potenza dell’amore. Solo l’amore di Dio ci cambia il cuore, solo la sua misericordia ci purifica, il suo affetto ci santifica, il suo perdono rende santi, la sua grazia ci riporta ad uno stato di comunione sempre più profonda con Lui.

È una grazia da chiedere al Signore con insistenza, quella della rettitudine delle intenzioni, della purezza delle azioni, della santità della vita, della gioia del dono. È grazia sua stare davanti a Dio, come Maria, senza arrossire per i propri peccati, perché Lui li ha già perdonati; è sua grazia vivere, sapendo che il suo amore è la nostra unica forza ed il sapere quanto grande è il suo amore per noi è la nostra unica protezione e salvezza. Quale abisso esiste tra ciò che dio vuole per noi e per il nostro bene e la realtà della nostra vita! Non riusciamo a staccarci dai nostri peccati, a non cadere in quelle passioni, anche piccole, come l’ira, che ci perseguitano e non ci permettono di vivere nella serenità. Dio, mostrandoci la bellezza di Maria, oggi ci chiede di vivere la nostalgia dello stato di grazia, di desiderare una vita bella, santa, immacolata, per la luce di Cristo che risplende in noi. Non c’è bisogno di essere perfetti, per essere santi, perché i santi non sono uomini perfetti, ma creature realizzate, nelle loro imperfezioni, perché hanno lasciato a Dio lo spazio che ogni creatura deve al suo Creatore e, innamorati di Dio, gli hanno permesso di fare di loro ciò che a Lui sembrava bene. Quanto abbiamo bisogno di purificazione, di immergere le nostre vite nel costato del Signore, di lavare le sozzure dei nostri peccati in Lui, che è la sorgente dell’acqua viva. Tutti possiamo sperare in una vita migliore, se ci lasciamo raggiungere dalla grazia diva ed avvolgere dalla sua luce. Anche a noi è riservata la stessa bellezza di Maria, basta permettere al Signore di vivere in noi e di stare con noi per sempre.

Figli, nel Figlio diletto

Uno dei passaggi più belli del cantico di Efesini è quello che riguarda il dono della figliolanza. L’Autore scrive che Dio ci ha predestinati “a essere per lui figli adottivi/mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà” (v. 5). Non esiste dono più grande della figliolanza. Anche san Giovanni lo dice “a quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio” (Gv 1,12), “e che voi siete figli – scrive san Paolo – lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida «Abbà! Padre»” (Gal 4,6). Nel disegno d’amore della volontà del Padre è scritta la nostra adozione filiale. Cosa non ha fatto il Padre per averci suoi figli! Cosa non continua a fare il Padre perché noi viviamo da figli suoi e fratelli tra noi!

Un posto particolarissimo nel progetto di Dio occupa Maria, la madre del Signore e della Chiesa. Il suo Immacolato Concepimento è il segno della grazia di Cristo Signore che l’ha preservata dall’eternità, eleggendola ad essere la sua Madre, perché noi avessimo in Lui la vita. Guardando Maria siamo portati a vedere ciò che Dio realizza in noi e, al pari della Vergine, a prestare il nostro docile Eccomi, perché si realizzi in noi la sua volontà. Come il centro del cantico della lettera agli Efesini è Cristo, così il centro della nostra vita è Lui. Solo Lui ci rende belli, solo il suo sguardo ci fa santi, solo il suo amore ci preserva dal male e ci permette di operare per un mondo migliore, secondo il sogno che Dio condivide con quanti si fidano di Lui.

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