
Abbiamo bisogno di vedere
di don Silvio Longobardi – s.longobardi@puntofamiglia.net
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 11,2-11)
In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!». Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”. In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui».
Il commento
“Sei Tu Colui che deve venire?” (Mt 11,3). La domanda di Giovanni esplicita un interrogativo che tormentava tanti uomini giusti d’Israele: “È forse lui il Messia?”. I segnali sono contraddittori, alcuni fanno rispondere affermativamente, altri invitano a non farsi molte illusioni. Il Dio che Gesù annuncia è troppo diverso da quello che Israele attende: non viene in modo da sbaragliare i nemici, non intende zittire tutte le domande, non fa nulla per evitare i dubbi. Un Dio strano agli occhi dei credenti. In realtà è un Dio che accetta la sfida della condizione umana, la gloria è nascosta nella fragile carne. Non si è fatto uomo per finta e neanche per scherzo. La domanda del Battista è quella che ogni credente deve porsi. Nasce dalla ricerca della fede. Le notizie che riceve in carcere sono contrastanti e non collimano con le sue attese, il ministero di Gesù non corrisponde all’idea messianica che lui aveva annunciato lungo le rive del Giordano. E tuttavia, più che un dubbio, questa domanda esprime l’ansia di verità. Giovanni non si chiude nelle sue opinioni né pretende di capire da solo, non potendo muoversi di persona manda i discepoli a chiedere chiarimenti al diretto interessato. Gesù non si scandalizza e risponde con i fatti: “Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete” (11,4). Le sue parole sono per noi una provocazione. Il Rabbì annuncia infatti che Dio si rivela attraverso segni sensibili. La sua testimonianza diventa per noi una sfida. La nostra vita deve essere e diventare un segno eloquente. La gente ha bisogno di vedere e udire. Non può vedere Dio ma può vedere i segni operati dal suo amore; non può udire la sua Parola, ma può ascoltare il grido gioioso di quanti hanno sperimentato la sua misericordia. L’annuncio del Vangelo, oggi più che mai, passa necessariamente per questi sentieri. Non sappiamo la reazione del Battista quando i discepoli riferiscono la risposta. Ma sappiamo che resta in carcere e affronta il martirio. La sua fedeltà è segno di una fede che non pretende di misurare l’agire di Dio. È questa la fede che oggi chiediamo.
Nessun commento per “Abbiamo bisogno di vedere”