
Un bambino che cresce
di don Silvio Longobardi – s.longobardi@puntofamiglia.net
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 2,36-40)
[Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore.] C’era una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.
Il commento
“Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui” (2,39). Il racconto della nascita di Gesù si conclude con un quadretto di vita domestica. Pochi versetti che lasciano intravedere la vita ordinaria della famiglia di Nazaret. L’evangelista descrive la maturazione umana di Gesù con due verbi complementari: crescere e fortificarsi. Entrambi sono all’imperfetto e fanno pensare perciò ad un’azione continuata nel tempo, un processo graduale ma costante. Il primo verbo [auxánō] richiama lo sviluppo fisico, cioè quel processo naturale che porta il bambino a diventare una persona adulta. Il secondo [krataióomai ] fa riferimento alla dimensione interiore: letteralmente significa acquistare forza, in questo caso indica quel cammino progressivo che dona alla persona la capacità di dominare se stessa e di imparare a gestire pensieri, sentimenti ed emozioni. Due semplici verbi che fanno pensare agli anni in cui si compie il lungo cammino che permette ad un bambino di raggiungere la maturità, un cammino impegnativo e faticoso, non privo di ostacoli e di pericoli. “Santa e dolce dimora, / dove Gesù fanciullo / nasconde la sua gloria!”, cantiamo nelle Lodi della Santa Famiglia. In effetti, il Figlio di Dio non viene portato sulle ali degli angeli ma nasce e cresce come ogni altro bambino. In tutto simile a noi (Eb 2,17). La luce divina è nascosta nella carne.
L’immagine del bambino che cresce ricorda che la famiglia non è un club di amici ma una comunità in cui gli sposi si aprono all’accoglienza della vita e pongono ogni energia per accompagnare i figli alla piena maturità. Se l’amore coniugale è l’anima della vita domestica, e come tale deve essere custodito; non dobbiamo dimenticare che il ministero genitoriale è la struttura portante della famiglia. È un compito comune a tutti, prima e al di là della fede e del livello culturale o economico. Ai Santi Sposi di Nazaret oggi affidiamo tutti i genitori perché sappiano dare ai figli non solo il pane materiale ma anche il cibo spirituale, non solo le risorse per crescere ma anche le ragioni per fare della vita un pellegrinaggio che trova la sua meta ultima nella beata eternità.
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