Legge di Bilancio

Legge di Bilancio 2020: famiglia ancora lontana dalle scelte di governo

Manfred Heyde [CC BY-SA 3.0], via Wikimedia Commons

di Francesco Belletti, direttore Cisf (Centro Internazionale Studi Famiglia)

Dopo tanti annunci e solenni impegni sull’assegno unico, tutto rimandato al 2021. A quando una Legge di Bilancio che prima di tutto mette al centro il sostegno alla famiglia, cioè il supporto alla vita quotidiana di ogni persona?

Nessun regalo di Natale per le famiglie nella Legge di Bilancio 2020, ma piuttosto la sensazione che, come al solito, gli interessi e il valore della famiglia rimangono totalmente marginali agli occhi di chi deve decidere le scelte di governo del Paese. 

In primo luogo, dopo tanti annunci e solenni impegni sull’assegno unico (per i figli? per la famiglia?), il tutto viene rimandato al 2021, solo per cominciare, mica per approvarlo e garantirlo a tutti! Rimangono così solo 600 milioni, nel 2020, fondamentalmente tutti orientati a confermare interventi puntuali sui bambini piccoli (bonus bebé, contributo asili nido, ecc.). Interessante, ad esempio, la novità del contributo per i costi per il latte artificiale, ma sempre con l’impressione di interventi estemporanei, al di fuori di un pensiero organico. Anzi, sembra proprio che i politici di turno si mettano lì a pensare: “Cosa mi posso inventare di originale, per poter dire: questo l’ho fatto io?”. E così, le famiglie sono quasi costrette ad apprezzare i piccoli cerotti e le tante mini-misure che nel tempo vengono introdotte, nella triste logica, nemmeno tanto consolatoria: “Piuttosto che niente…”. Ma così la famiglia è condannata alla marginalità nelle scelte di governo.

Del resto il tradizionale assalto alla diligenza da parte di tanti interessi consolidati, anche quest’anno si è ripresentato, e ne vedremo delle belle anche con il decreto cosiddetto “mille proroghe” (che già nel nome porta in sé la denuncia di un consolidato malcostume). Di fatto troppi interessi corporativi attaccano i governi, durante le manovre, per infilare, tra le pieghe degli emendamenti, piccoli interventi localistici, a volte persino per poche persone/soggetti, che però sanno arrivare in Parlamento. E anche questo impedisce di investire in modo strutturale e prioritario su poche grandi direttrici strategiche del Paese: che so, la svolta eco-sostenibile, il lavoro dei giovani, la promozione del Sud, e perché no, con almeno lo stesso grado di importanza, le politiche a sostegno della famiglia. Invece i governi di questo Paese si rifiutano costantemente di riconoscere che le famiglie sono la microfibra sociale che tiene insieme il Paese, il tessuto connettivo che impedisce lo sfilacciamento, la rete relazionale primaria che impedisce le grandi rivolte di piazza che in tanti altri Paesi europei sono invece sempre più frequenti. 

Investire in modo strategico sulla famiglia sarebbe una scelta economica vincente, perché significherebbe investire su una risorsa decisiva, consentendo alle famiglie di resistere e di continuare in questo ruolo di collante sociale – senza dimenticare i miliardi di welfare socio-sanitario che le famiglie offrono gratuitamente ai propri membri fragili – persone disabili, anziani non autosufficienti, giovani alla disperata ricerca di lavoro… Ma i nostri governi sono più preoccupati delle banche, dei rapporti tra i partiti, delle regole elettorali, del numero di parlamentari. Davvero uno scandalo, che andrebbe gridato dappertutto. A quando una Legge di Bilancio che prima di tutto mette al centro il sostegno alla famiglia, cioè il supporto alla vita quotidiana di ogni persona?

La Legge di Bilancio 2020 è inoltre caratterizzata da una pessima visione interventista da parte dei poteri pubblici, che anziché incentivare la libertà e la responsabilità dei cittadini, esaspera il ruolo dello Stato etico, come decisore di ciò che è bene e ciò che è male per i propri cittadini – ma sarebbe meglio dire “sudditi”. Anche per questo alla fine si arriva ad una legge spezzatino, senza disegno organico e senza reali priorità strategiche: perché il fisco e gli incentivi pubblici sono il modo con cui questa classe politica sceglie – al posto delle persone – vizi e virtù da premiare e punire, e si pone quindi al comando dei cittadini, anziché al loro servizio. Ma un Paese si sviluppa quando mette in condizione i suoi cittadini di fiorire, di liberare la propria creatività, di generare futuro, non quando è lo Stato a rispondere ai tuoi bisogni – anche perché uno Stato del genere è uno Stato etico, che quindi decide quali sono i tuoi bisogni legittimi, e quali invece non ti sono concessi. È la trappola che troppo spesso si collega al reddito di cittadinanza, quando consente alle persone di restare inerti, al calduccio del sussidio pubblico, senza rischiare il proprio lavoro, la propria imprenditorialità, la propria libertà e creatività. Alle famiglie, in particolare, uno stato etico non serve: serve uno stato sussidiario, che cioè aiuti le famiglie ad aiutarsi, anziché pretendere di risolvere i problemi delle famiglie al posto loro. Perché così le famiglie vengono impoverite della loro capacità di rigenerazione che tuttora tenacemente manifestano, nonostante le difficoltà economiche e il disinteresse della politica.

Anche il sostegno alla natalità, in assenza di un disegno globale e organico sulle famiglie, rischia di diventare una piccola cosa, gestita sempre con risorse marginali, e mai capace di invertire decisamente il gravissimo inverno demografico del nostro Paese. Le nascite continuano a diminuire ogni anno, e anzi, c’è da meravigliarsi di quanti giovani riescano ancora ad avere il coraggio di mettere al mondo un figlio, figuriamoci poi il secondo, o addirittura il terzo? Perché “questo non è un Paese per bambini”, al di là della retorica, e nessuna concreta decisione strategica mostra ai giovani che i bambini sono un capitale sociale per tutta la comunità. Il Governo (questo Governo, ma in “buona” compagnia con i precedenti) non vede questa priorità, non la inserisce nell’agenda, non custodisce risorse all’interno della legge di bilancio per promuovere in modo strutturale le famiglie giovani e le nascite.

In sintesi: una Legge di Bilancio che non fa aumentare l’IVA (e meno male, perché tanto l’avrebbero pagato ancora le famiglie!), che dà a pioggia a tanti, che sceglie alcuni interessi importanti, ma che nega alle famiglie quella centralità che invece hanno nella vita quotidiana del Paese. Bisognerà proprio inventarci qualche nuova forma di protesta e di pressione sociale, per costringere la politica ad ascoltare la voce delle famiglie. Perché il tempo passa, e fare famiglia è sempre più difficile in Italia. Meno male che fare famiglia rimane tuttora una delle esperienze più belle ed entusiasmanti che possano capitare a un giovane che spera nel futuro: ma certo non per merito della politica e dei governi.




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