
Come la terra che accoglie l’acqua
di don Silvio Longobardi – s.longobardi@puntofamiglia.net
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 1,29-34)
In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele». Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».
Il commento
“Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!” (1,29). Questo annuncio, che Giovanni Battista comunica ai suoi discepoli, non è frutto della sua intelligenza, non è il punto di arrivo di una particolare capacità investigativa. Si tratta piuttosto di una grazia che egli riceve da “colui che lo ha inviato” (1,33). Anche a Pietro accade la stessa cosa quando proclama Gesù “Figlio del Dio vivente” (Mt 16,16). Nel momento in cui annuncia che Dio ha acceso la luce messianica, quella che Israele attende da secoli, il Battista confessa che la sua parola è solo un’eco di quelle confidenze che egli riceve dal Cielo. La sua missione viene da Dio. Giovanni si presenta come un umile testimone che raccoglie e comunica le parole di Dio. Confessa di non sapere chi è il Messia: “Io non lo conoscevo” (1,33). Non sa chi è ma sa che deve venire. Vive perciò nell’attesa di ricevere la luce per riconoscere e additare a tutti il misterioso personaggio. È come un fiore pronto a schiudersi ai primi raggi del sole. Siamo abituati a pensare al profeta come all’uomo che conosce i misteri di Dio. Non è così. Il vero profeta non sa né pretende di sapere. Al contrario, avendo coscienza della propria ignoranza, si lascia istruire da Dio. È come la terra che accoglie l’acqua che scende dal Cielo, come un bambino che si lascia prendere per mano.
La testimonianza del Battista ricorda a tutti i battezzati, e in modo particolare a quanti esercitano il ministero sacerdotale, che uno solo deve occupare la scena, Colui che è degno di aprire il libro della vita (Ap 5, 1-10). Essere ministri di Dio significa stare in prima fila con l’umiltà di chi sa di non avere alcun merito e di chi non cerca alcun riconoscimento dagli uomini. Abbandoniamo con decisione ogni pretesa, anche quella che appare legittima. L’unico nostro desiderio è quello di comunicare le parole dell’unico Maestro. Chi ha fatto esperienza che Dio è tutto, non fatica ad annunciare che solo in Dio possiamo ricevere la pienezza. Oggi chiediamo al Signore di coltivare una più grande umiltà.
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