La disabilità? Un altro modo di “essere nel mondo”

disabilità

di Margherita Lampitelli, insegnante

Niente pietismo quando si parla di disabili. Sono persone “speciali”, a cui non è dato usare i canali convenzionali della comunicazione e che noi abbiamo reso prigionieri. La disabilità, quella vera, è negli occhi di chi guarda.

Il 3 dicembre, in occasione della Giornata dei Diritti delle persone con diversa abilità ho proposto in classe delle storie di ordinaria straordinarietà. La storia di M. ad esempio che doveva partecipare ad uno spettacolo teatrale e, nonostante si fosse esercitato con tante prove, non era riuscito ad affrontare il pubblico, rimanendo sul bordo delle quinte durante lo spettacolo. Di G. che voleva partecipare al coro e aveva provato a raccontarsi giocando con lo xilofono, perché non riusciva a parlare. Di A. che quando voleva dirci che era felice o arrabbiato faceva un “balletto” tra i banchi.

Abbiamo parlato di persone “speciali”, a cui non è dato usare i canali convenzionali della comunicazione: sono “con” noi e “tra” noi attraverso un loro modo tutto speciale di rapportarsi. Un modo che parla di bisogno di relazioni significative, di ruoli chiari, di identità da valorizzare. La disabilità li attraversa, ma ognuno di essi “non è disabilità e basta”. Il loro limite fisico, cognitivo o relazionale insegna un altro modo di “essere nel mondo”. Essere riconosciuti nelle loro emozioni, nelle sensazioni, nelle aspirazioni, nell’energia vitale che possiedono, ma che rischia di non potersi esprimere perché prigionieri.

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Prigionieri di cosa? Certo del limite biologico, ma soprattutto del nostro modo di guardarli, dell’idea che si è al mondo per “eccellere”, per essere sempre i primi e non sbagliare mai. Prigionieri della smania che ci spinge a riempire la nostra vita e quella dei nostri figli di cose e attività, caricandoli di aspettative sui risultati e spingendoli alla competizione. E quando un figlio, per una patologia che lo limita, non riesce a stare al passo con le nostre aspirazioni, quali diventano le priorità? Cosa diventa importante a quel punto? 

La risposta viene da un gruppo di ragazzini di prima media, che alla domanda “di cosa può aver bisogno il tuo compagno di classe speciale?”, hanno risposto: “Essere parte del gruppo, stare con noi” oppure “essere accolto e accettato nel suo modo di essere, perché se una persona si sente amata, il suo mondo cambia, diventa una persona felice”. Nella loro spontaneità, i ragazzini ci disarmano: poche chiacchiere, parlano le azioni. Anche se essere amici di una persona speciale a volte appare loro faticoso, questi piccoli ci raccontano di un’amicizia che li arricchisce continuamente, insegna nuovi modi di incontrarsi, e li fa “stare bene” insieme. E ci riportano alle parole di papa Francesco, che, nel Messaggio per la Giornata mondiale della disabilità, ha sottolineato il bisogno di “rendere più umano il mondo, rimuovendo tutto ciò che impedisce una piena cittadinanza”, “con forza e tenerezza”, contro “la cultura dello scarto” che porta molte persone a sentire “di esistere senza appartenere e senza partecipare”. 

Ai nostri amici, ai nostri figli speciali non serve pietismo, né compassione, ma essere pensati come coloro che possano contribuire a rendere più bello il mondo attraverso la propria storia, fatta di momenti di sofferenza e di gioia, sempre espressione della loro unicità. 

In quest’ottica si muove la neonata esperienza di Progetto Famiglia Emmanuel, volta a creare una rete di amicizie significative tra i bambini speciali e i cosiddetti “normotipici”, con l’idea di offrire a tutti un’occasione di scambio e apertura all’altro. Ognuno in tal modo, accolto con le sue caratteristiche, può aiutare l’altro a tirar fuori le risorse migliori. La disabilità è in un gesto che inibisce l’azione, in una parola che spegne l’entusiasmo, in uno sguardo che dice “non sei capace”! La disabilità è negli occhi di chi guarda.  

Cambiamo il nostro sguardo, la nostra mentalità. Pensiamo a quello che la persona può offrire, non a quello che abbiamo in mente, come modello astratto. Accostiamoci ai nostri fratelli speciali in modo autentico e offriamo loro la nostra amicizia. Di questo hanno bisogno. Di questo noi abbiamo bisogno.




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