CORRISPONDENZA FAMILIARE

di don Silvio Longobardi

Come educare i figli alla carità? Riflessioni di una mamma catechista

20 Gennaio 2020

Avvento - pregare con i genitori

(Foto: mnoa357 - Shutterstock.com)

La lettera che oggi condivido con voi mi è stata inviata da una catechista che racconta l’esperienza di un ritiro con un gruppo di preadolescenti. La fatica è stata abbondantemente compensata dalla gioia di vedere che i ragazzi si lasciano interpellare ed hanno bisogno di ricevere una parola diversa da quella che ascoltano negli altri ambiti educativi.

Accompagnare i figli appare, oggi, una mission impossible e tanti genitori battono in ritirata, a volte alzano bandiera bianca alle prime (inevitabili) difficoltà. Non sono disposti ad affrontare la battaglia educativa. È difficile anche accompagnare i ragazzi nel cammino della fede, specie in quella fascia di età in cui appaiono refrattari ad ogni proposta che richiede impegno e responsabilità. Vi sono senza dubbio problemi oggettivi, legati allo sviluppo psico-fisico, che però sono resi ancora più marcati da una società che promuove il piacere individuale come un bene essenziale e irrinunciabile.

La lettera che oggi condivido con voi mi è stata inviata da una catechista che racconta l’esperienza di un ritiro con un gruppo di preadolescenti. La fatica è stata abbondantemente compensata dalla certezza di aver seminato e dalla gioia di vedere che i ragazzi si lasciano interpellare ed hanno bisogno di ricevere una parola diversa da quella che ascoltano negli altri ambiti educativi. La lettera non manca di sollevare gli aspetti critici, uno fra tutti: la quasi totale assenza della carità fraterna. Chiusi nel proprio mondo, ansiosi di ricevere tutto quello che ritengono un loro diritto, i nostri ragazzi appaiono poco attenti agli altri e poco disposti a prendersi cura dei più deboli.

Un dettaglio non marginale in un’opera educativa che punta proprio a suscitare in ciascuno la coscienza della responsabilità. Un campanello d’allarme che invita tutti gli educatori – genitori, catechisti, insegnanti – a promuovere uno stile diverso, a partire dalla quotidiana vita domestica. Se i genitori danno tutto e fanno tutto, sostituendosi ai figli, finiscono per togliere la fatica di crescere e di vivere con responsabilità il proprio dovere.

Si tratta di temi importanti che richiedono un adeguato approfondimento. E tuttavia, limitarsi a pochi accenni non è affatto inutile, anzi serve a ricordare che l’azione educativa si rivela oggi sempre più indispensabile. Non si tratta solo di dire belle parole né basta fare ramanzine che quasi mai giungono al cuore. Occorrono educatori che sanno parlare con la vita offrendo una testimonianza che, ne sono certo, produrrà buoni frutti anche a distanza di anni.

Leggi anche: Le regole servono nell’educazione dei figli?

“Caro padre eccomi, 

solo ora riprendo un po’ di forze per potermi fermare e raccontare qualcosa del nostro ritiro con i preadolescenti che abbiamo vissuto nei giorni natalizi. 

Come puoi immaginare, sono stati giorni molto impegnativi, non è stato facile tenere a bada 25 ragazzi di tre diverse comunità. Inutile dirti anche i disagi dovuti alla comunione, ai bisticci, ai capricci, ai pianti e ai mal di pancia che sono frequenti e che portano via tante energie. Per fortuna ogni catechista ha fatto la sua parte alternandosi tra casa, lavoro, famiglia e cenacolo. La presenza di tutti ha permesso di vivere un’esperienza bella ed emozionante, fatta di catechesi e preghiera ma anche di giochi e momenti di condivisione.

Abbiamo proposto di meditare la nascita di Gesù, leggendo la suggestiva narrazione di Luca che dedica una particolare attenzione al ruolo di Maria. Abbiamo posto molto l’accento sulla scena nella quale la Madre avvolge in fasce il Bambino appena nato e lo depone nella mangiatoia. A partire da questa tenerissima immagine del Vangelo abbiamo invitato i ragazzi a riflettere sulle persone che hanno bisogna di cura e di attenzione, chiedendo di verificare se hanno maturato questa sensibilità verso i più deboli e se hanno compiuto gesti concreti di carità. Per non restare nel vago, e aiutarli a fare discernimento, abbiamo anche chiesto quali sono i fattori che non favoriscono questa carità quotidiana e le cose da cui devono distaccarsi per poter essere liberi di agire e di amare. Conosco i ragazzi e so quanti buoni desideri ci sono dentro di loro ma devo dire che è stato un momento emozionante e serio nel quale ognuno ha potuto comunicare le scelte fatte e le difficoltà che incontra. 

Permettimi però di consegnarti una mia considerazione. Di fatto, abbiamo constatato che solo due bambine hanno fatto gesti di carità nei giorni del Natale. Tutti gli altri non si pongono nemmeno il problema dei poveri, dei malati, di quelli che sono soli. Evidentemente, quello che noi facciamo è ancora tanto poco, ho l’impressione che le cose più scontate siano ancora in gran parte sconosciute ai ragazzi: avere occhi ed orecchie attenti alle necessità degli altri sembra una cosa fuori da ogni logica umana, sono troppo concentrati su se stessi. Osservando attentamente il loro volto comprendo che hanno bisogno che qualcuno ricordi con forza che aprire il cuore agli altri non è un optional ma un elemento essenziale della vita, qualcosa a cui non possiamo in alcun modo rinunciare. Hanno bisogno che gli educatori, a partire dai genitori, facciano loro comprendere che non possiamo vivere solo di cose materiali.

Questa mentalità non dipende solo dal contesto sociale ma anche dall’educazione offerta dai genitori. Dobbiamo quindi lavorare anche con gli sposi, anche quelli credenti, anche quelli che vivono un cammino di fede. A mio parere rischiano di accomodarsi troppo e non sempre danno il buon esempio. L’educazione deve acquisire maggiore fermezza, i ragazzi vanno fortificati anche attraverso i piccoli impegni domestici, a cominciare dall’imparare a farsi il letto da soli. Se serviamo loro tutto su un piatto d’argento come vogliamo farli andare verso gli altri?

Sono preoccupata di certi atteggiamenti e modi di fare che spesso sono irrispettosi nei confronti dei compagni e anche degli adulti. Nel cuore di questi giovanissimi c’è un mondo bello e desideri santi che fanno fatica a venir fuori, molti ragazzi hanno una sensibilità particolare che però fatica a emergere perché non manca lo spazio del silenzio e della riflessione. Nei giorni del cenacolo siamo riusciti ad avere alcuni momenti di più profonda condivisione ma credo che dobbiamo dare più spazio ai momenti e ai colloqui personali per far venire fuori la bellezza che ciascuno porta dentro di sé.

Non voglio sottolineare solo la dimensione critica. Abbiamo vissuto tanti momenti belli: i gruppi di amicizia, i giochi, il film Miracoli dal cielo, le testimonianze, l’adorazione… Davvero possiamo dire con santa Teresa che tutto è grazia. I primi ai quali è concesso di ricevere tanto siamo proprio noi catechisti che spesso ci sentiamo sconfitti davanti a situazioni difficili, il cenacolo è una conferma che dobbiamo continuare a dare testimonianza nonostante i limiti e le debolezze. Ti affido ogni cosa ed ognuno ponendo tutto e tutti nel Cuore di Maria. 

Nicoletta




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