Scuola

Il Gap tra le scuole del Nord e quelle del Sud: un vero e proprio rebus difficile da comprendere

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di Piero Del Bene

La scuola italiana funziona meglio al Nord. Questo l’esito delle prove invalsi, ma a ben guardare, la situazione e molto più complessa.

In occasione della presentazione e dell’avvio del Piano di intervento per la riduzione dei divari territoriali in istruzione, promosso dal Ministero per l’istruzione, L’Invalsi ha presentato una ricerca i cui risultati stupiscono solo chi non vive i fatti scolastici. L’esito è chiaro: tra le scuole del Nord e quelle del Sud esiste un divario ancora molto profondo. 

Stando ai dati capillari presi in considerazione, i risultati medi di Italiano al termine della II primaria sono molto simili in tutto il Paese. Questo vuole dire che si parte più o meno alla pari e si termina il ciclo scolastico con risultati molto diversi. Non è solo colpa delle scuole evidentemente, ma è un fatto che sia così. In sintesi, prendendo a riferimento i risultati delle prove Invalsi somministrate alle terze secondarie di primo grado di cinque regioni (Campania, Sicilia, Calabria, Sardegna e Puglia), i ricercatori sono riusciti a misurare il grado di ritardo delle scuole di questi territori. Le istituzioni scolastiche sono state divise in due gruppi in base al grado di difficoltà. Le scuole “in difficoltà” sono quelle con il 30% degli alunni che raggiunge livelli di apprendimento non adeguati mentre le scuole “in forte difficoltà” sono quelle in cui la percentuale degli insufficienti arriva al 45%. Ebbene, in due regioni (Sicilia e Calabria), le scuole con studenti in ritardo sono più numerose di quelle senza problemi. Anche in Campania la situazione non è rosea. Su un totale di 599 scuole selezionate, 210 (35,1%) sono “in difficoltà”, 52 (8,7%) “in forte difficoltà” e 337 (56,2%) non hanno problemi. Va un po’ meglio in Sardegna. Va notato che i risultati generali nazionali sono in miglioramento su tutto il livello nazionale, anche al Sud. 

In queste zone migliorano soprattutto i risultati degli studenti più deboli. Questo è un buon segno: vuol dire che non si è stati fermi. Resta, tuttavia, alto il gap. Decisamente diversa, infine, la situazione della Puglia, la migliore tra le cinque regioni meridionali considerate. Su 349 scuole monitorate, 282 (80,8%) non hanno problemi, 3 (0,9%) sono “in forte difficoltà” e 64 (18,3%) “in difficoltà”. Non è un fatto nuovo: sembra che la chiave di volta, da qualche anno, sia legata al fatto che quella Regione abbia lavorato molto sugli insegnanti piuttosto che sugli alunni. In altre parole, quando sono arrivati i fondi europei, invece di far cadere questi soldi a pioggia sugli alunni, tali fondi sono stati concentrati sulla formazione specifica dei docenti e dell’organizzazione scolastica. Insegnanti migliori hanno poi migliorato gli studenti. E questo ci conduce a qualche considerazione: gli insegnanti del Sud non sono peggiori di quelli del Nord se è vero che molti di quelli che lavorano al Nord sono meridionali. Dunque non può essere solo questa la variabile discriminante. 

Potrebbe essere allora un fatto di organizzazione scolastica? Un collega rientrato dalle scuole del Nord mi raccontò, un paio di anni fa, che in questo trasferimento gli era sembrato di passare da una Mercedes full optional ad una vecchia cinquecento dei primi anni: era assai colpito da questa diversità. Gli veniva in mente il maestro ligure della trasposizione cinematografica del libro “Io speriamo che la cavo”. Influisce sicuramente però anche un fattore sociale. Lasciando stare le periferie, che esistono anche a Roma e anche al Nord, potrebbe essere che una certa indolenza sociale influisca su questi risultati? Non è da escludere. I dati su cui stiamo riflettendo vanno poi confrontati con quelli degli esiti finali alle superiori quando si scopre che il maggior numero di voti massimi è al Sud. Un vero e proprio rebus la cui composizione non è semplice.




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