Politici

Diciamocelo: dai nostri politici siamo distinti, ma non distanti…

votare

di Michela Giordano

Opportunismo e arrivismo caratterizzano spesso molte nostre scelte. E allora perché giudicare i politici se poi ci comportiamo allo stesso modo?

Sono stata trascinata anche io nelle recriminazioni verso i politici. Avevo 13 anni e, nella furia tipica di chi, adolescente, si affaccia alla vita dei “grandi”, caratterizzavo i miei discorsi con quei je accuse che non ammettevano discussione: “Ci avete rubato il futuro”; “Via i sederi di piombo dalle poltrone”; “Salviamo le Istituzioni da ladri e corrotti”. Nel 1992, sull’ondata emozionale degli attentati a Falcone e Borsellino e dell’indagine denominata “mani pulite”, tutti noi ragazzi volevamo diventare magistrati, con un’impennata, negli anni immediatamente successivi, di iscrizioni a Giurisprudenza. La convinzione comune era che fossimo “altro” rispetto a chi ci rappresentava in Parlamento. Fandonie. A qualche lustro di distanza, mi sono convinta che ciascuno ha i politici che più gli somigliano e che, in fondo, ce li meritiamo quelli che, da sempre, siedono nelle più alte Istituzioni della Repubblica. 

Sia chiaro: non penso che siano tutti da buttare. Potrei indicare “l’alto” e “il basso”; “l’esempio” e “l’obbrobrio”. Nel variegato mondo dei politici di professione è impossibile la generalizzazione. Tuttavia, ragionando per paradossi, credo che, oggi, Francesco d’Assisi non otterrebbe un granché di voti, in una competizione elettorale, perché sarebbe giudicata “folle” la scelta di rinunciare alla fortuna di famiglia, in cambio di una vita tra i più poveri dei poveri. Maria Goretti verrebbe indicata come una “stupida” da quella fetta di popolazione femminile che, in barba ad ogni battaglia di emancipazione, ancora utilizza le sottili doti di seduzione per farsi strada nella professione. Lo stesso Gesù sarebbe, ancora, rinnegato, perché, dai, ammettiamolo, un Barabba che incita alla rivoluzione in armi è più affascinante di uno che predica di porgere l’altra guancia. Sono provocazioni, ovviamente. Estremizzazioni. Però non possiamo negarlo: quante volte la ricchezza ci fa diventare cortesi fino al servilismo sciocco? Quante volte un aspetto fisico gradevole incide su scelte che dovrebbero essere, invece, legate alla competenza? Se, finanche per la prenotazione di una visita specialistica in ospedale, cerchiamo una “raccomandazione”, come possiamo, poi, definirci “migliori” dei nostri politici, dai quali siamo distinti ma, evidentemente, non distanti. 

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Quando votiamo, pur avendo ampie opzioni di scelta, finiamo, spesso, col ragionare nella prospettiva di una possibile utilità futura. E allora, poi, di che ci lamentiamo? Saremo davvero cittadini quando finiremo di fare i sudditi: della necessità, della paura, della convenienza. 




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