
Il metro di misura
di don Silvio Longobardi – s.longobardi@puntofamiglia.net
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 7,1-13)
In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme. Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti ,quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?». Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini”. Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». E diceva loro: «Siete veramente abili nel rifiutare il comandamento di Dio per osservare la vostra tradizione. Mosè infatti disse: “Onora tuo padre e tua madre”, e: “Chi maledice il padre o la madre sia messo a morte”. Voi invece dite: “Se uno dichiara al padre o alla madre: Ciò con cui dovrei aiutarti è korbàn, cioè offerta a Dio”, non gli consentite di fare più nulla per il padre o la madre. Così annullate la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte».
Il commento
“Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini” (7,8). Gesù accusa i farisei di soffermarsi sugli elementi secondari della precettistica religiosa, quelli elaborati dagli uomini, dimenticando il cuore della fede, ciò che veramente conta. Non sanno più distinguere l’essenziale dalle cose accessorie. Alla tradizione degli antichi, ammantata di vuota religiosità, Gesù oppone “il comandamento di Dio”. Non spiega a cosa si riferisce, dobbiamo arrivare nella parte conclusiva del Vangelo per trovare una formulazione sintetica in cui tutta la Legge viene riassunta nel duplice comandamento dell’amore (Mc 12, 28-34). Le parole di Gesù ci interpellano da vicino perché corriamo il rischio di fare lo stesso errore dei farisei. È bene perciò ricordare che il cuore dell’esperienza religiosa è l’incontro con Dio. È questo il metro di misura. A partire da questa semplice regola è possibile rileggere tutto il resto. Dobbiamo farlo in modo rigoroso. Ad esempio, la celebrazione liturgica non consiste soltanto nella perfetta esecuzione di quanto prescrive il rituale ma è lo spazio in cui l’uomo s’incontra con Dio. È questo il fine a cui deve tendere tutto il resto. Se manca questo obiettivo, la liturgia è monca. Se non viene neppure cercato, allora dobbiamo ammettere che la liturgia è diventa per noi una farsa. Ogni celebrazione ci offre l’occasione per manifestare il nostro amore per Dio e rafforzare il legame con Lui, ci sostiene nel cammino della fede e contribuisce a consolidare l’alleanza battesimale. Se tutto questo non avviene, meritiamo anche noi il rimprovero che Gesù ha rivolto ai farisei, citando il profeta Isaia: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me” (7,6). Il nostro Dio però non resta confinato negli spazi del sacro ma si è fatto carne e ci chiede di amarlo e servirlo nei fratelli. Se manca questa disponibilità, il cristianesimo è azzoppato, è come avere un’ala soltanto. Impossibile volare. Alla Vergine di Lourdes, che oggi veneriamo, chiediamo la grazia di accogliere la luce di Dio con docilità.
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