
Il tempo delle interrogazioni
di don Silvio Longobardi – s.longobardi@puntofamiglia.net
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 8,14-21)
In quel tempo, i discepoli avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un solo pane. Allora Gesù li ammoniva dicendo: «Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!». Ma quelli discutevano fra loro perché non avevano pane. Si accorse di questo e disse loro: «Perché discutete che non avete pane? Non capite ancora e non comprendete? Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate, quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Dodici». «E quando ho spezzato i sette pani per i quattromila, quante sporte piene di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Sette». E disse loro: «Non comprendete ancora?».
Il commento
“Perché discutete che non avete pane?” (8,17). La pagina del Vangelo che oggi meditiamo descrive un passaggio imbarazzante. Questa volta è il Maestro che pone le domande ai discepoli. È il tempo delle interrogazioni. Una sfilza di domande che non hanno risposta. Possiamo immaginare il disagio degli apostoli, costretti a riconoscere di comprendere solo in parte la proposta di Gesù. Sono confusi e disorientati. Dinanzi alle domande incalzanti del Maestro (8, 17-19) restano in silenzio. Forse hanno paura di sbagliare o forse quel tacere svela il sincero imbarazzo che provano dinanzi alle parole severe del Rabbì. In fondo, avrebbero potuto dare un superficiale assenso e poi continuare come prima, senza lasciarsi mettere in discussione. Ed è quello che spesso facciamo noi. Gli apostoli invece si rendono conto che il Maestro ha ragione e accettano di mettersi in verifica.
Questa pagina ci consegna un insegnamento semplice ma difficile da mettere in pratica. Dinanzi a Dio è meglio riconoscere l’ignoranza con umiltà piuttosto che sbandierare l’intelligenza con orgoglio. La coscienza della propria ignoranza ci invita a tornare a scuola dell’unico Maestro. Chi invece pensa di aver tutto compreso, chi ritiene di non avere nulla da imparare, rischia di prendere delle cantonate. Nella biografia di Teresa di Lisieux c’è un passaggio significativo. Alla viglia della sua professione religiosa, fu improvvisamente avvolta dal dubbio di aver sbagliato strada, sentiva che non era quella la sua vocazione. E aveva anche la tentazione di tacere questo interiore combattimento ma vinse il padre della confusione e della menzogna seguendo una regola spirituale bellissima e semplice: “volevo fare la volontà del buon Dio e tornare nel mondo piuttosto che restare al Carmelo facendo la mia” (MS A 76v). Con umiltà manifestò i suoi dubbi alla maestra delle novizie e alla priora e subito ritrovò la pace e l’intima certezza di camminare nelle vie di Dio. Sulle orme di santa Teresa, oggi chiediamo la grazia di lasciarci guidare con docilità da coloro che hanno l’autorità di Dio.
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