Medico-paziente

Nel dolore dei pazienti un appuntamento con Gesù…

Stetoscopio

di Filomena Civale, medico

Nonostante l'adrenalina della sala operatoria, le visite ai pazienti hanno un posto speciale nel mio cuore. È il tempo privilegiato del dottore: nella carne sofferente delle persone che incontro c’è Gesù stesso.

Ho iniziato la Scuola di Specializzazione in Anestesia e Rianimazione con gli occhi dello stupore, catapultata in un mondo che non conoscevo. Mi sono innamorata sempre più della sala operatoria. Con il passare dei giorni, prendo coscienza del fatto che questa specializzazione probabilmente è quella che spazia di più nel mondo della Medicina. Così dopo mesi trascorsi tra intubazioni, spinali e accessi venosi da reperire, arriva il mese in cui sei chiamata alla visita anestesiologica dei pazienti che devono essere prenotati per interventi di diversa natura, da quello più importante a quello più piccolo.

Nonostante l’adrenalina della sala operatoria, le visite ai pazienti hanno un posto speciale nel mio cuore. È il tempo privilegiato del dottore con il paziente. Dico questo perché i medici hanno davvero un grande privilegio: avere ogni giorno appuntamento con Gesù. Prepararsi a questo appuntamento non è semplice: facilmente si arriva con il cuore distratto, per questo sono convinta che oltre allo studio che deve essere effettuato con minuzia, tra le skills di un dottore debba esserci l’attitudine alla preghiera. Dico questo perché è vero che il medico incontra Gesù ogni giorno, non solo nella carne dolorante dei pazienti, ma soprattutto nel loro cuore strappato.

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Anna è una donna di 58 anni, tutta la sua storia clinica la conoscevamo già perché prima di farla entrare abbiamo studiato la sua cartella. Ma durante l’anamnesi lei ci tiene a sottolineare: “Ho l’AIDS. L’ho scoperto dieci anni fa. Devo ringraziare la persona che ho accanto”. Gli occhi lucidi cominciano a grondare di lacrime. “Grazie a Dio ho la forza di sopportare tutto, questo e il diabete scompensato. Grazie a Dio i miei figli non hanno nulla”. Mentre parla sono intenta a torturare la sua mano: dito indice per il saturimetro che rivela saturazione d’ossigeno e frequenza cardiaca e dorso della mano per valutare lo stato degli accessi venosi. Ma quando la voce si spezza e si apre ad un pianto liberatorio, non ho dubbi: in quel momento è molto più importante stringere forte quella mano e accarezzarla, più che diagnosi e terapie. In quel momento ha bisogno di Amore.

Antonietta ha 45 anni, al momento della nascita un deficit di ossigeno le ha provocato un’encefalopatia perinatale: alla visita appare dai movimenti e dal linguaggio rallentati. Le spalle incurvate, lo sguardo basso. Le ausculto il torace, e subito dopo si sistema con precisione. “Lo sai sei molto elegante” le dice la mia collega. A queste parole finalmente un sorriso illumina il suo volto. Ha 45 anni, ma ha la tenerezza di una bambina. A visita la accompagna sua sorella che la guarda con amore. Penso agli aborti detti “terapeutici” che sopprimono la vita di bambini fragili, con diagnosi (spesso solo sospetta) di malattie genetiche o malformazioni di varia gravità, ma mentre lo faccio di fronte a me ho una donna adulta con disabilità importante. No, la malattia non ne ha diminuito la dignità, né il valore, né questa può essere definita una vita piena di sole sofferenze: Antonietta è amata dalla sua famiglia e tanto basta per riempire di significato e preziosità la sua vita.

Al collo ogni giorno porto la croce di legno che avevo preso in Africa: mi ricorda che il mistero della croce si rinnova nelle sofferenze dei pazienti che incontro, ma lo fa con una promessa: dove c’è la croce c’è resurrezione.

La resurrezione la vedo nei sorrisi dei bambini dell’Oncologia pediatrica: lì siamo chiamati ogni lunedì per le biopsie midollari. Quando entro nelle loro camere li sorprendo a giocare e a scambiarsi tenerezze con i genitori. Allora li portiamo nella saletta operativa: nessuna lacrima, né lamento, né opposizione. Serenamente si addormentano e serenamente si risvegliano alla fine della procedura. Un quadro diverso dai bimbi che devono sottoporsi alle procedure odontoiatriche: molto più semplici e prive di rischi, ma più spaventose per loro che non conoscono quel capitolo chiamato sofferenza. Un capitolo difficile per grandi e piccini, ma che, se accolto, è capace di rinnovare la vita.




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