Bimbo abbandonato

Mamma abbandona il figlio. Quale differenza rispetto all’aborto?

passeggino

di Michela Giordano, giornalista

Quando si parla di aborto “non possiamo giudicare senza conoscere i motivi che possono indurre ad una scelta del genere”. Tuttavia, per la donna che, a Roma, ha abbandonato suo figlio è iniziato il linciaggio mediatico. Se la vita umana è un bene irrinunciabile, possiamo indignarci solo di fronte a un abbandono?

Scrivo con la tv da monotono sottofondo. Stancamente, cerco l’incipit giusto. Poi mi fermo. A tutto schermo le immagini di una telecamera di videosorveglianza della stazione “Termini” di Roma: una donna cammina, stringendo in una mano una bambina e spingendo con l’altra un passeggino, che pochi istanti dopo, ha lasciato, con tutto il suo prezioso “carico”, un frugoletto di pochi mesi, in uno degli affollati varchi del terminal. È stata arrestata qualche ora più tardi, su un treno diretto in Germania. Una donna di 25 anni. È curioso: dagli stessi pulpiti web dai quali ho letto, appena qualche settimana fa, difese a spada tratta del “diritto” di abortire, battaglie di genere in rafforzamento della “libertà della donna” e ripetizioni, a mo’ di “mantra” che “non possiamo giudicare, senza conoscere, i motivi reconditi e gravi che possono indurre ad una scelta del genere”, in questi minuti leggo violenti aggressioni verbali, che, in taluni casi, si spingono fin sulla soglia della minaccia fisica. 

Forse non sono la persona più adatta a parlare di questo tema, come un’assetata a cui si chieda cosa si pensa di chi gioca, disperdendola, con l’acqua. Sia chiaro, qua nessuno vuole difendere l’abbandono in quanto tale. Ma ragionare, possiamo, dobbiamo. Non credo che si rinunci ad un figlio con “leggerezza”. Mai. Sono convinta che arrivarci significa avere sulle spalle e sul cuore, un carico di difficoltà tali da non lasciare spazio a strade alternative. La vita è tutta una questione di opzioni e scelte. Aveva alternative, quella giovane mamma? Sì. Poteva venderlo ad un pedofilo, cederlo a chi fa traffico di organi, farselo profumatamente pagare da chi non riesce a diventare, in altro modo, genitore, poteva ammazzarlo. E sì poteva anche tenerlo con sé, chiedendo aiuto. Ha scelto, nel modo più brutale e diretto per l’opinione pubblica, di dargli una chance, lasciandolo dove, come poi è stato, certamente qualcuno se ne sarebbe preso cura.

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Non capisco perché, in questa prospettiva, sia una mamma peggiore di quella che scelga l’aborto. La comprensione non può essere invocata a corrente alternata e, se, come credo, la vita umana è un valore irrinunciabile, non possiamo indignarci esclusivamente nel caso di un abbandono. Io non vedo differenze. Anzi, no, una ce n’è: l’abbandono presuppone un bambino da tenere in braccio e non uno da tenere nella pancia. Eccola l’ipocrisia: esiste solo quello che si può vedere o toccare. E allora ditelo! Bandiamo tutto ciò che non si può stringere tra le mani: l’amore, l’amicizia, l’ironia, l’intelligenza. E la pietà.




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