
A partire da
di don Silvio Longobardi – s.longobardi@puntofamiglia.net
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 12,28b-34)
In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi». Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocàusti e i sacrifici». Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.
Il commento
“Qual è il primo dei comandamenti?” (12,28b). Sembra una domanda scontata, in realtà invita a cercare l’essenziale. La nostra vita è piena di tanti impegni e responsabilità, corriamo il rischio di perderci in una fiumana di avvenimenti fino al punto da non saper più riconoscere che cosa è veramente essenziale, qual è il punto decisivo che dà senso e vigore a tutte le altre cose. La risposta di Gesù è tanto semplice quanto disarmante. Apparentemente non dice nulla di nuovo, si limita a ripetere una parola antica che tutti conoscevano: “amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza” (12, 29-30). A quanti sono tentati dal fare, il Nazareno ricorda che tutto comincia a prende forma dal riconoscere Dio come un bene essenziale. Questa coscienza di fede trova nella preghiera la sua prima e più immediata espressione. Immersi in una molteplicità d’impegni, oggi rischiamo di dimenticare la preghiera come un bene e come la fonte di tutti gli altri beni. Non basta recitare una formula, la preghiera deve essere percepita e vissuta come un incontro personale in cui possiamo gustare la presenza amorevole di Dio e ricevere quello Spirito che illumina la mente e fortifica il cuore.
L’insegnamento evangelico offre una feconda provocazione perché nella vita frenetica di tutti i giorni la preghiera non ha uno spazio adeguato, resta quasi sempre confinata negli angoli della giornata e, nella maggior parte dei casi, non viene vissuta con quella intensità interiore che dedichiamo alle cose che consideriamo davvero importanti. I giorni difficili che stiamo vivendo ci costringono a stare in casa. Invece di chiuderci nella paura, in attesa che passi la tempesta, alziamo lo sguardo al Cielo e ritroviamo il gusto della preghiera, facciamo della casa il luogo dell’incontro con Dio. È un ministero che deve risplendere in modo tutto particolare nella vita dei consacrati, testimoni privilegiati di una vita in cui tutto comincia da Dio, riceve forza da Lui e trova in Lui il suo compimento.
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