Giovedì Santo

Scrivo a voi sacerdoti che oggi celebrate la Santa Eucaristia

Santa Messa

di Giovanna Abbagnara

“Radunate infine tutti gli uomini di tutte le classi e ‘‘costringete ad entrare’ (Lc 14,23) perché questo è il pane della vita, del quale tutti hanno bisogno”: questo invito rivolto ai presbiteri da parte di Pio XII risuona con più intensità in questo Giovedì Santo in cui non sarà possibile celebrare con il popolo la Messa in Coena Domini.

Cari sacerdoti,

vi scrivo nella notte che precede l’alba del Giovedì Santo. Oggi è un giorno speciale. Un giorno a voi dedicato e noi laici, sposi, consacrati della Chiesa di Dio rivolgiamo uno sguardo carico di ammirazione a chi ha ricevuto uno dei più grandi onori concessi ad un uomo: essere ministri del Corpo di Gesù. Avete il privilegio ogni giorno di poter avere tra le mani il Verbo della vita, il Re dei cieli, il Signore della storia. 

Santa Teresa di Gesù Bambino, la piccola carmelitana vissuta solo 24 anni, aveva nei confronti dei sacerdoti un amore tutto speciale. Scrivendo alla sorella Celina il 31 dicembre 1889, la esortava per il nuovo anno a condividere il suo desiderio di pregare per le vocazioni sacerdotali: «Bisogna che quest’anno facciamo molti sacerdoti che sappiano amare Gesù!» e poi aggiungeva il modo in cui, a suo avviso, essi erano chiamati ad amare l’Eucaristia: «Che lo tocchino con la stessa delicatezza con cui lo toccava Maria nella sua culla». Toccare il Corpo di Gesù con la stessa tenerezza della Madre, di ogni madre che carezza teneramente il suo bambino appena nato. Non vi sembra un’immagine stupenda da contemplare oggi? 

Nella celebrazione che quest’anno vivrete senza il concorso del popolo, avete un’opportunità in più, quella di poter gustare con più intimità e con più calma il mistero che si compie tra le vostre mani. Quelle mani indegne, quelle mani fragili, quelle mani piene di giovani ideali o raggrinzite dagli anni, sono consacrate nel giorno dell’Ordinazione innanzitutto per celebrare il mistero dell’Eucaristia. Onoriamo e benediciamo ogni giorno le vostre mani. 

Il virus e le restrizioni governative non ci concedono di partecipare alla celebrazione in Coena Domini. Non saremo lì a condividere il pane che spezzerete per noi e con noi. Sentiamo dentro un dolore profondo, acuito dai giorni che passano. Molti ci dicono e ci ripetono che si può pregare anche in casa, che Gesù è ovunque. Senza dubbio crediamo che il nostro Maestro ci parla attraverso la sua Parola e ascolta la nostra umile preghiera ma noi abbiamo bisogno del Pane della vita, abbiamo bisogno di ricevere Gesù. È Lui la nostra salvezza, è Lui che il nostro cuore desidera. La grazia che nel sacramento dell’Eucaristia riceviamo non è paragonabile all’ascolto e alle pur belle e intense dirette televisive che la Chiesa nella sua materna benevolenza non fa mancare ai suoi figli. 

L’Eucaristia è il fondamento della nostra vocazione. Senza, siamo come alberi senza radici. Con la forza di quel pane amiamo i nostri mariti e le nostre mogli, accompagniamo i nostri figli nella loro crescita, viviamo il lavoro come una chiamata, annunciamo il Vangelo con passione, curiamo i poveri con tenerezza. Come ha fatto Gesù che proprio nell’Eucaristia ci ha lasciato la misura dell’amore. 

Oggi, celebrando la Santa Cena portateci con voi, pensate a questo dolore, pregate il Maestro perché presto questa sofferta privazione possa concludersi e noi possiamo comunicarci nuovamente al suo Corpo e al suo Sangue. È questo anche il senso profondo del vostro sacerdozio: condurre le anime all’incontro con Gesù Eucaristia. Pio XII, nell’enciclica Mediator Dei, scrisse rivolgendosi a voi sacerdoti: “Stimolate nelle anime affidate alle vostre cure l’appassionata e insaziabile fame di Gesù Cristo; il vostro insegnamento affolli gli altari di fanciulli e di giovani che offrano al Redentore Divino la loro innocenza e il loro entusiasmo; vi si accostino spesso i coniugi, perché nutriti alla sacra mensa e grazie ad essa possano educare la prole loro affidata al senso e alla carità di Gesù Cristo; siano invitati gli operai perché possano ricevere il cibo efficace e indefettibile che ristora le loro forze… Radunate infine tutti gli uomini di tutte le classi e ‘‘costringete ad entrare’ (Lc 14,23) perché questo è il pane della vita, del quale tutti hanno bisogno”.

È un bisogno che diventa dolorosa e intima mancanza nei giorni in cui la paura fa da padrona e manca la fonte da cui scaturisce limpida la nostra unione con la Chiesa. 

Nella mia adolescenza ricordo di aver letto un libro molto bello sulla vita di Marthe Robin, una mistica francese vissuta nei primi anni del Novecento. A partire dal 1930, la malattia di cui era affetta raggiunse le vie digestive, Marthe non poteva più mangiare. Solo L’Eucaristia diventò il suo nutrimento. La riceveva una volta la settimana. Spiegò nel 1958 al filosofo Jean Guitton: “Mi nutro solo di questo. Mi inumidiscono la bocca ma non posso deglutire. L’ostia mi procura un’impressione fisica di nutrimento. Gesù, essendo tutto il mio corpo, è Lui che mi nutre. È come una Risurrezione”.

In Marthe si realizzava la promessa di Cristo: “La mia carne è un vero cibo e il mio sangue una vera bevanda” (Gv, 6,55). Il “Corpo di Cristo”, ricevuto durante la Comunione, dà la vita all’anima e anche al corpo. Marthe sperimentò la potenza del sacramento in un modo molto particolare: “Vorrei gridare a quelli che mi chiedono se mangio che mangio più di loro, perché sono nutrita con l’Eucaristia del sangue e della carne di Gesù”. Marthe morì nel 1981. Dunque per 51 anni questa donna visse solo ed esclusivamente di Gesù Eucaristia. 

Capite cosa significa stare senza ricevere questo sacramento e quanto è grande per noi questa privazione? Siamo chiamati a essere vigilanti e a rafforzare la nostra fede perché abbiamo paura che senza la forza di quel Pane di vita, il nemico possa insidiare i nostri passi e allontanarci dal nostro unico Redentore. Abbiamo bisogno che ciascuno di voi raccolga oggi in questa Eucaristia il nostro grido, la nostra supplica e la elevi a Dio. Siete voi oggi le sentinelle del mattino chiamati a custodire la fede di un popolo che nell’Eucaristia trova la sua sorgente di vita.  

Cari sacerdoti, vi siamo grati per quello che fate in questo tempo. Per la vostra creatività pastorale, per la dedizione e la presenza negli ospedali, per la vicinanza durante la morte di una persona cara, per aver voi stessi consegnato la vostra vita, per il tempo che dedicate alla vostra comunità, per i rosari che sgranate per la fine della pandemia. Oggi tutto questo lo consegniamo insieme a voi su quell’altare, attraverso le vostre mani e il vostro cuore.




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