CORRISPONDENZA FAMILIARE

Di don Silvio Longobardi

Ho fame… fame di Dio

13 Aprile 2020

Eucaristia

Dacci oggi il nostro pane quotidiano”, diciamo ogni giorno, in obbedienza alla parola del Signore. Il Vangelo si riferisce tanto al pane materiale quanto a quello spirituale. Come possiamo trascurare questo diritto senza sentire di mancare ad un preciso dovere?

“Napoli, distribuiti oltre tremila pacchi alimentari dalla Croce Rossa. Volontari a lavoro in città e provincia durante l’emergenza covid-19”. Articoli come questi ne trovi quanti ne vuoi, girando sul web. Si ha l’impressione che qualcuno abbia istituito una gara della solidarietà. Vi partecipano anche soggetti che non avresti mai pensato, ad esempio le sale slot e le agenzie di scommesse notoriamente dedite a… consolare gli afflitti. In prima fila anche le realtà ecclesiali. Ci mancherebbe. Nel corso di un’intervista un parroco annuncia con orgoglio che la comunità ha distribuito 500 pacchi alimentari in occasione della Pasqua, con tutte le precauzioni s’intende: un numero più che triplicato rispetto agli anni passati per sovvenire alle aumentate necessità della popolazione. Le mense francescane – sostenute dal progetto “Operazione Pane” – hanno avuto l’onore di un articolo sul Corriere. “Il cibo è un diritto”, titola il quotidiano e c’informa che nella sola città di Bologna sono stati distribuiti 6mila kit alimentari. Applausi sinceri. Lo scrivo senza retorica, di questi tempi fare volontariato è certamente più faticoso e rischioso. 

Il nostro splendido Paese ha una straordinaria capacità di rispondere alle emergenze. Non solo medici e infermieri ma anche tantissimi volontari pronti a dare mettere le proprie energie a servizio dei più fragili. Le oggettive difficoltà relative all’approvvigionamento del cibo, alla preparazione e alla distribuzione vengono risolte con intelligenza e grande capacità organizzativa. In non pochi casi con la diretta collaborazione delle istituzioni pubbliche. 

Questa capacità non potrebbe trovare un’adeguata applicazione anche in ambito ecclesiale per permettere ai battezzati che lo desiderano di nutrirsi del Pane eucaristico? Perché i Vescovi lo hanno escluso a priori prima ancora di cercare le possibili soluzioni? “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”, diciamo ogni giorno, in obbedienza alla parola del Signore. Il Vangelo si riferisce tanto al pane materiale quanto a quello spirituale. Come possiamo trascurare questo diritto senza sentire di mancare ad un preciso dovere? Se un figlio dice: “ho fame”, la mamma è pronta a dargli quello di cui ha bisogno. E se un battezzato manifesta con umiltà la fame di Dio, espressione di una fede sincera, non possiamo additarlo come un fanatico da tenere sotto controllo. È capitato anche questo, purtroppo! È triste doverlo registrare. 

Celebrare la Pasqua senza poter ricevere il Corpo del Signore è come entrare e rimanere nel sepolcro vuoto. Quell’assenza rallegra ma non sazia il cuore di chi ama. Maria di Magdala non torna a casa, in attesa degli eventi né resta chiusa nella casa dei suoi pensieri. Sceglie di restare accanto al sepolcro, nella speranza di ricevere qualcosa e forse di incontrare Qualcuno. Lei ancora non sapeva. Noi invece sappiamo che il Signore è risorto. E sappiamo anche che ha scelto di accompagnare i passi dell’umanità attraverso l’umile Presenza eucaristica. Per questo non ci basta sapere che Gesù è risorto, non ci basta scrutare le pagine del Vangelo, non ci basta contemplare il Crocifisso. Segni e simboli importanti per la nostra fede che tuttavia impallidiscono dinanzi all’Eucaristia. Chi dice che può bastare forse non ha mai sperimentato l’amore appassionato dei santi. Non sa che significa rimanere per ore ai piedi di Gesù Eucaristia, semplicemente per dire: “Signore, ti amo”, come scriveva Charles de Foucauld. Non sa che significa vivere l’incontro eucaristico come un vero “bacio d’amore”, come diceva Teresa di Lisieux. Non sa che significa avere fame di Dio. Nel gergo napoletano si dice: “O sàzio nun crére a ‘o diùno”. Chi è sazio non crede a chi è digiuno. Può accadere anche questo!

Senza l’incontro eucaristico la fede è come sospesa, manca qualcosa di essenziale. Se la folla dei battezzati che abitualmente si reca in chiesa non grida: “Ho fame”, è un segnale preoccupante, chiede di verificare la sostanza della fede. E se i Pastori, preti e vescovi, non vivono con dolore (vorrei che questa parola avesse tutta la sua pregnanza) questa situazione vuol dire che hanno dimenticato che la vita trova origine e forza da Colui che per noi si è fatto Pane di vita. “Mangia la vita, bevi la vita e avrai la vita” (Discorsi, 131,1), diceva Sant’Agostino. E si riferiva proprio all’Eucaristia. 

Non sono così stupido da pensare che oggi sia possibile vivere la Celebrazione Eucaristica come Dio comanda. In questo momento è necessario distinguere la partecipazione alla Messa e la Comunione eucaristica. In genere sono strettamente congiunte. E tali devono rimanere. Ma in tempi di pandemia possiamo prevedere eccezioni. Non credo che manchino le condizioni per farlo con le giuste disposizioni interiori e le doverose precauzioni sanitarie. Anzi, ho buoni motivi per pensare che negli altri ambienti sociali le condizioni sono meno ottimali di quelle che potremmo realizzare nelle nostre chiese. Lo dimostra il fatto che il virus continua a correre, mescolandosi alla vita quotidiana.  Non mancano le condizioni, non manca la fame, non manca fede di tanti battezzati. Cosa manca allora? Manca la buona volontà. O forse il desiderio di evitare contrapposizioni con il potere pubblico. 

Se poi qualcuno aggiunge che vi sono comunque rischi… bisogna ricordargli che l’assoluta sicurezza non esiste e che nessun luogo è sicuro. Nemmeno la casa. L’unico, forse, è proprio l’abbraccio di Dio. Ed è proprio quello oggi che manca. Un abbraccio reale, non virtuale. L’abbraccio di Colui che si è fatto uomo e che oggi cammina nella storia nascondendosi in un piccolo pezzo di pane.




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