Aborto

Ai tempi del Coronavirus torna di moda l’aborto clandestino…

tristezza

di Chiara Chiessi, Universitari per la Vita

Non è possibile andare in ospedale per abortire a causa del Covid-19. Via libera all’aborto “fai da te” e tanti saluti ai rischi annessi e connessi. Ma la salute della donna non era un fatto prioritario?

Il Coronavirus si è scoperto grande alleato dell’aborto. Come? Con l’aborto fai da te, ovvero con l’assunzione orale del mifepristone e del misoprostolo, due veri e propri veleni che portano all’uccisione del bambino nelle prime fasi della gravidanza.

Qualche giorno fa, alcune associazioni pro-choice hanno fatto partire una petizione per togliere il “servizio” di aborto dagli ospedali e dare la possibilità di poterlo fare a casa.

“Purtroppo per interrompere la gravidanza non si può far altro che andare in ospedale, benché sia uno dei luoghi più a rischio contagio in questo momento” dice una ginecologa appartenente alla RICA (Rete Italiana Contraccezione Aborto). E continua: “La maggioranza degli ospedali l’aborto farmacologico non lo facevano neanche prima del Covid-19, visto che la percentuale di utilizzo in Italia è ferma al 17,8%. E gli altri, quelli virtuosi, adesso lo fanno ancor meno, perché le indicazioni dell’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) prevedono addirittura un ricovero ospedaliero di tre giorni”.

Nell’appello, firmato soprattutto da ginecologi ed ostetrici, ma anche da parlamentari come la Boldrini e scrittori come Saviano, si chiede di allungare a nove settimane invece di sette il limite per la somministrazione dei farmaci abortivi. Di introdurre il regime ambulatoriale con il passaggio in ambulatorio o in consultorio per l’assunzione del mifepristone e con la somministrazione a domicilio delle prostaglandine, procedura già in uso nella maggior parte dei paesi europei; infine si chiede di poter utilizzare il servizio della telemedicina, come è già avvenuto in Francia e nel Regno Unito, in via transitoria, in relazione all’attuale stato di emergenza. 

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Infatti, le raccomandazioni mediche francesi, incoraggiano l’aborto farmacologico a casa e sia medici che ginecologi ed ostetrici hanno ricevuto dal Ministero l’autorizzazione per la telemedicina; dunque molte associazioni pro-choice italiane chiedono di seguire l’esempio francese.

Ma anche gli inglesi non sono da meno: per abortire un bambino basta ormai una telefonata nel Regno Unito, al termine della quale le pillole sono spedite direttamente a casa della donna. E Bpas, l’organizzazione che somministra aborti in Inghilterra dichiara: “Aborto a domicilio! Siamo felici di annunciare che il governo ha introdotto l’uso dell’aborto via telemedicina che ora proteggerà le donne in tutto il paese”.

Il paradosso di tutto ciò e che le associazioni pro-choice ci hanno ripetuto fino alla nausea che la legalizzazione dell’aborto serviva a proteggere la salute della donna ed a tutelarla. Perché prima, con gli aborti clandestini, morivano centinaia di migliaia di donne (cifre costruite ad hoc che servivano soltanto per convincere le persone) e dunque, ammettere l’aborto voleva dire aprirsi ad un diritto umano imprescindibile.

Ora, con il sistema dell’assunzione della pillola abortiva a domicilio, siamo ritornati all’aborto clandestino, a casa, il cosiddetto “fai da te”. Ed i dati sulla pericolosità di questa procedura parlano chiaro: nel rapporto del 2011, la Food and Drug Administration (FDA) aveva indicato 2.207 casi di emergenze mediche dovuti all’aborto farmacologico; si trattava di 256 sepsi di cui 48 classificate come “severe”, 339 emorragie per cui è stato necessario effettuare una trasfusione, 612 ricoveri, 58 casi di gravidanze extrauterine e 14 decessi e come se non bastasse dai dati diffusi dal Ministero della Salute, risulta che nel periodo 2011-2015 si siano verificati in Italia 1.143 casi di emorragia post aborto.

Questa sarebbe la pratica che dovrebbe tutelare la salute delle donne? Siamo sicuri che le associazioni pro-choice vogliano veramente il loro bene? In realtà queste misure mettono ancora più a rischio le donne che sono spinte ad agire in fretta e senza un appropriato consulto medico, uccidendo il proprio bambino (con tutte le ricadute psicologiche che possiamo ben immaginare) e mettendo a rischio la propria vita.

La nostra speranza è che la situazione tragica del Coronavirus e le migliaia di morti che sta provocando, possano far riflettere e far prendere coscienza sulla preziosità della vita e sulla necessità di tutelarla in ogni istante.




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