
Senza Dio siamo perduti
di don Silvio Longobardi – s.longobardi@puntofamiglia.net
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 3,16-21)
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
Il commento
“Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito… (3,16). Nelle parole che Gesù rivolge a Nicodemo l’evangelista ha raccolto e consegnato alcune affermazioni che hanno un fondamentale valore teologico e strutturano l’esperienza di fede. La vicenda terrena di Gesù rivela l’identità di Dio, lo presenta come un Padre che ama tutti e ci accoglie tutti come figli da sempre amati. Un Padre che dona il Figlio per renderci suoi figli. La storia umana trova il suo fondamento in questo amore e rimane aggrappata ad esso. È questo l’imperscrutabile segreto che muove ogni cosa. L’amore non è solo al principio di ogni cosa creata ma è il permanente principio, la sorgente da cui sgorga la vita. Tutto questo viene compiutamente svelato e comunicato mediante Gesù di Nazaret. D’ora in poi dobbiamo misurarci con il Figlio, la posizione che assumiamo dinanzi a Lui decide il nostro destino terreno ed eterno.
Dio ci ha donato tutto nel Figlio affinché “chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (3,16). All’amore eterno di Dio, l’uomo risponde con la fede. Il Vangelo non ci esorta ad amare ma invita a credere, cioè a riconoscere che Gesù è il Figlio Unigenito al quale il Padre ha consegnato ogni potere. Tutto il resto scaturisce da questa fonte come l’acqua limpida sgorga da una venatura nascosta nella roccia. In principio c’è Dio: da Lui riceviamo la vita, in Lui possiamo vivere. La conseguenza è chiara: senza Dio siamo perduti! Il verbo apóllymi significa distruggere, andare in rovina, perdere tutto. Questa fede ha trovato una limpida affermazione nelle parole del salmista che esalta la Provvidenza di Dio: “togli loro il respiro: muoiono, e ritornano nella loro polvere” (sal 104,29). Se abbiamo fatto l’esperienza che senza Dio la vita perde valore, oggi eleviamo un inno sincero di gratitudine. Ma nello stesso tempo chiediamo, ancora e sempre, la grazia di restare aggrappati a Dio, con l’umile ma ferma consapevolezza di poter ricevere da Dio – in ogni momento – tutto ciò che serve per vestire di vita i giorni terreni.
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