
Molto di più
di don Silvio Longobardi – s.longobardi@puntofamiglia.net
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 6,30-35)
In quel tempo, la folla disse a Gesù: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».
Il commento
“I nostri Padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo” (6,31). La manna è uno dei grandi segni della prima alleanza, durante il lungo cammino nel deserto Israele ha sperimentato la mano provvidenziale di Dio, quel cibo veniva dalla terra ma fu accolto come il “pane degli angeli” (Sal 78,25). Nelle parole che la gente rivolge a Gesù è insita una provocazione, come se dicessero: “Ti ringraziamo per il pane che hai donato ieri, lo abbiamo gustato, ci siamo saziati, ma non basta essere nutriti per un giorno. I nostri padri hanno ricevuto la manna per quarant’anni, lungo tutti gli anni del deserto, in pratica per tutta la vita. Tu, invece, cosa puoi dare?”. Gesù accoglie la sfida e annuncia che la manna era solo un segno, cioè una premessa di un altro cibo: “Non Mosè vi ha dato il pane dal cielo, il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero” (6,32). L’aggettivo vero non va inteso in contrapposizione a falso, indica piuttosto la pienezza della rivelazione. Gesù si presenta come Colui che compie la storia antica: “Io sono il pane della vita” (6,35).
Dio vuole dare molto più di quello che Israele ha ricevuto nel deserto, infinitamente di più rispetto a quello che la gente attende. La folla chiede un pane che soddisfa il bisogno della carne, Dio vuole dare un pane che sazia la fame del cuore. Vuole donare un pane che non dura solo per i fragili giorni dell’esistenza ma c’introduce nella beata eternità, un pane che ci fa gustare fin d’ora la sua presenza amorevole e riveste di luce i giorni della vita. Dio vuole dare molto di più di quello che “possiamo domandare e pensare” (Ef 3,20). Se è così, non dobbiamo dubitare che quando si chiude una porta, Dio apre un portone. È questa la radice segreta della speranza, la certezza che non ci fa cadere nella trappola delle cosiddette evidenze e non fa del dolore dell’oggi un muro che impedisce di vedere il futuro. Dio non ci farà mancare il pane. Oggi chiediamo la grazia di riconoscere in Gesù il Pane che sazia e inquieta e fa della vita un faticoso e affascinante pellegrinaggio.
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