Eucaristia

Dal distanziamento sociale al distanziamento fisico, dall’isolamento alle relazioni

solitudine

di Vito Rizzo

Le cautele ci impongono in questa Fase Due il “distanziamento fisico”, non sociale. È dunque necessario riaprirci all’altro per riaprirci a noi stessi.

È iniziata la Fase Due. Il compito più difficile non sarà soltanto quello di far ripartire l’economia, ma anche quello di riappropriarsi, responsabilmente, delle proprie libertà, di tornare ad essere una comunità non soltanto virtuale ma sociale. Riappropriarsi della bellezza delle persone, della bellezza delle relazioni, della bellezza dell’amore non più circoscritto alle mura domestiche ma a quanti fanno parte della nostra vita. Riaprirci all’altro per ritrovare noi stessi.

Di qui l’importanza delle parole. La Bibbia ci racconta della parola creatrice, della parola che definisce, che identifica, che porta ad esistenza. Il libro della Genesi, e in particolare la lingua ebraica con cui è stato scritto, ce ne mostra tutta la sua portata, umana e divina. «Le parole sono importanti», ricordava più laicamente Nanni Moretti in “Palombella Rossa”. E allora basta parlare di “distanziamento sociale”, rischiamo di assuefarci all’idea, di sacrificare la nostra relazionalità sull’altare della paura. «Chi parla male, pensa male e vive male. Bisogna trovare le parole giuste: le parole sono importanti!».

Le cautele ci impongono in questa Fase Due il “distanziamento fisico”, non sociale. L’art. 2 della Costituzione della Repubblica italiana ci dice che «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità,

e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale». Il nostro diritto ad essere persone, ad essere cittadini, ad essere in relazione. È nella relazione «che si svolge» la nostra personalità, che nasciamo come persone. Questo riconoscimento è il frutto dello straordinario contributo dato dai Costituenti cattolici alle fondamenta della Repubblica e del senso stesso di cittadinanza. 

Abbiamo bisogno di sentirci comunità, di sentire la forza dell’amore incarnato nelle relazioni, pur con le dovute limitazioni nei contatti fisici, ma dobbiamo tornare a vederci, a riconoscerci, a sentirci parte di una stessa entità. Uniti, perciò solidali. Insieme, perciò rispettosi delle regole.  «Che vi amiate gli uni gli altri. Come io vi ho amato, anche voi amatevi gli uni gli altri. Da questo conosceranno che siete miei discepoli» (Gv 13,34). Non isoliamoci nella paura. Non isoliamo i nostri figli. Non isoliamo i nostri nonni. Non isoliamo i nostri amici. Non isoliamo i nostri affetti. È questo che ci rende cristiani; è questo che ci rende persone; è questo che ci rende buoni cittadini. Se il distanziamento fisico è ancora necessario, il distanziamento sociale sarebbe un peccato contro l’uomo e contro Dio. Che la nostra vita sia abbondante di amore fraterno.  È per questo che seguiamo il Buon Pastore: per avere la vita, e averla in abbondanza (Gv 10,10).




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