
Vi prenderò con me
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 14,1-6)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: Vado a prepararvi un posto? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via». Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me».
Il commento
“Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi” (14,3). Gesù non si accontenta di mostrare il volto di Dio, non gli basta consegnare parole luminose che orientano il cammino dell’umanità, promette anche di ritornare. Non solo apre la strada ma assicura che non ci lascerà soli, anzi dichiara solennemente che verrà di nuovo, ci prenderà con Lui e ci condurrà, sani e salvi, alla destinazione finale. Il verbo [paralambánō] significa prendere presso e quindi anche accogliere. Non solo siamo con Lui ma entriamo nella sua casa, diventiamo parte del suo cuore. Le parole umane non possono descrivere la forza e l’intimità della relazione. Dobbiamo lasciare la parola ai mistici, a quanti vivono la relazione con Gesù nel solco dell’amore. Giovanni aveva introdotto il suo Vangelo ricordando il mistero dell’iniquità: “Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto [parélabon]” (1,11). Con lo stesso verbo ora afferma che il Risorto ci accoglie tra i suoi amici. L’amore non tiene conto del male ma scrive pagine di accoglienza anche dove prima c’erano i muri del rifiuto.
Ma dove e come si attua questa promessa? Attraverso quali vie il Signore manifesta la sua presenza amorevole? In sintonia con la grande tradizione ecclesiale, san Giovanni Paolo II non ha dubbi: “Questo nuovo venire di Cristo per opera dello Spirito Santo e la sua costante presenza e azione nella vita spirituale si attuano nella realtà sacramentale. In essa il Cristo, che è andato via nella sua umanità visibile, viene, è presente e agisce nella Chiesa in modo talmente intimo da costituirla come suo corpo” (Dominum et vivificantem, 61). La celebrazione liturgica, e quella sacramentale in particolare, non rappresenta uno dei capitoli dell’agire ecclesiale ma è il cuore da cui sgorga quella vita divina che dà alla Chiesa la sua identità. Non è un elemento accessorio di cui possiamo fare a meno ma il canale principale e privilegiato che Dio usa per nutrire e fortificare la fede dei suoi figli. Una verità antica che oggi deve essere custodita con particolare amore.
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