
Da cima a fondo
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 14,21-26)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui». Gli disse Giuda, non l’Iscariòta: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?». Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».
Il commento
“Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui”. (14,21). L’amore è il punto di partenza e, al tempo stesso, la via in cui si muove l’esperienza di fede. Amare e credere camminano insieme. Il verbo amare [agapáô], che ritorna sette volte in pochi versetti, non si riferisce alla carità fraterna ma al legame tra l’uomo e Dio. Dovrebbe essere scontato vivere il cristianesimo come un’esperienza tutta intessuta di amore, da cima a fondo. Nella grande maggioranza dei casi non è così. È molto più comodo pensare la fede come un insieme di precetti da osservare scrupolosamente. In questo modo possiamo stare tranquilli ritenendo di aver adempiuto al nostro dovere. Se invece misuriamo la fede con l’amore tutto più difficile perché l’amore, per sua natura, non appartiene alle cose che si possono misurare. Nessuno può dire di aver amato Dio come egli merita e nella forma più adeguata. Dinanzi a Lui siamo e saremo sempre in difetto. È questa la via che propone Teresa di Lisieux: “Non c’è che da amarlo senza guardare a se stessi, senza troppo esaminare i propri difetti…” (LT 142, 6 luglio 1893). Quel poco che diamo basta per ricevere da Dio una risposta sovrabbondante: “sarà amato dal Padre mio”. Siamo avvolti dalla sua presenza amorevole. Dio non ama a metà e secondo calcoli, ama con la totalità del suo Essere e ama per sempre. Dona un amore che ha il timbro dell’eternità. Un annuncio come questo è sufficiente per consolare. Ma Gesù va oltre e dice una parola che ha sempre affascinato i mistici: “…e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (14,23). La nostra povera casa, disadorna e non priva di rovine, diventa la dimora di Dio. Oggi vi invito a pregare con queste parole che Teresa rivolge a Gesù: “Viver d’Amore è di tua vita vivere, / Re glorioso, delizia degli eletti. / Tu nascosto nell’ostia per me vivi: / e io voglio per te, Gesù, nascondermi! / Pur occorre agli amanti solitudine, / un cuore a cuore che duri notte e giorno. / Il tuo sguardo è per me beatitudine: / vivo d’Amore!… (Vivere d’amore, P 17, 3).
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