CORRISPONDENZA FAMILIARE

di don Silvio Longobardi

Giovanni Paolo II, patrono dei fidanzati

18 Maggio 2020

San Giovanni Paolo II

(Foto: Rob Croes (ANEFO) [CC BY 4.0 (https://creativecommons.org/licenses/by/4.0)])

Giovani e famiglia sono stati i due grandi amori di Papa Wojtyla. Nel suo lungo e fecondo ministero episcopale e petrino ha insistito su entrambi i fronti perché era consapevole che sono questi i due pilastri fondamentali della vita ecclesiale. Il punto di raccordo tra giovani e famiglia si chiama fidanzamento.

“La gente ama pensare più o meno questo: Wujek vorrebbe far maritare tutti quanti”. Siamo nel 1956, sono parole che don Karol Wojtyla scrive ad una giovane che frequenta il gruppo degli universitari. Quel Wujek di cui parla, in italiano zio, è lui stesso. In realtà egli spiega che la sua attenzione al tema dell’amore nasce dalla consapevolezza che “la capacità di amare costituisce la parta più profonda della personalità” perché obbliga l’uomo a uscire da se stesso per aprirsi “alla realtà dell’uomo, degli uomini e, prima di tutto, a Dio”. E continua: “Il matrimonio ha senso se dà l’opportunità di un amore del genere, se evoca la capacità e, in un certo senso, la necessità di amare così, se tira fuori dal guscio dell’individualismo e dell’egocentrismo”. 

Troviamo questo e tanti altri frammenti in una pubblicazione di don Przemyslaw Kwiatkowski, che ripercorre la spiritualità coniugale di Karol Wojtyla: Lo Sposo passa per questa strada … (Cantagalli 2011). L’Autore, dedica molte pagine agli anni del ministero sacerdotale e mostra che in quegli anni vi sono e si vanno formando tutte le premesse di quell’attenzione alla famiglia che svilupperà negli anni del suo episcopato e, ancora di più, in quelli del pontificato. Eppure a don Karol era stata affidata la pastorale universitaria! 

Il ministero in mezzo ai giovani universitari gli diede l’occasione di imparare il valore dell’amore umano e di apprendere anche la necessità pastorale di accompagnare i giovani a intrecciare l’esperienza di fede con quella affettiva. Lo racconta lui stesso in Varcare le soglie della speranza (1994): “Da giovane sacerdote imparai ad amare l’amore umano” (p. 138). Accompagnare i giovani vuol dire educarli a riconoscere e ad accogliere la vocazione che Dio ha scritto nei loro cuori. Come ogni buon educatore, il sacerdote si pone accanto e aiuta a compiere un retto discernimento ma non dimentica il suo ruolo di guida, come ha fatto Gesù sulla via di Emmaus. 

Il tema dell’amore non può essere considerato uno dei tanti capitoli dell’esistenza, al contrario deve avere la più assoluta priorità. Il tempo della giovinezza è profondamente segnato dall’esperienza affettiva. La passione prorompente e talvolta prepotente, che appartiene per natura a questa stagione della vita, rischia di far dimenticare che l’amore è un cammino, un’arte che s’impara, con pazienza e fatica. “L’amore è un’occasione per maturare, per diventare in se stessi un mondo per la persona amata”, scriveva nei primi decenni del ‘900 il poeta austriaco Rainer Maria Rilke. Nella stessa scia si pone il giovane don Karol: “L’amore sentimentale è un dono, però, io non ne ho tanta fiducia, perché piuttosto dei nostri sentimenti si tratta di un cambiamento interiore nella direzione dell’amare l’altro, di assumersi la responsabilità per lui” (Lo Sposa passa, 93). È l’esperienza che lo fa parlare: se l’amore umano non raggiunge la sua maturità la vita coniugale e familiare non poggia basi solide, è come una piccola barca in mezzo alla tempesta. 

“Vincere l’egoismo e purificare l’altruismo”, scrive in un’altra lettera. Don Karol ha una fitta corrispondenza epistolare con i suoi giovani nella quale il tema dell’amore occupa un posto centrale. Si crea così un rapporto di fiducia che permette al giovane sacerdote di entrare nella vita e nel cuore delle persone. In questo modo egli non si limita a ricordare a tutti gli elementi essenziali della vita di fede ma li applica alla vita di ciascuno, segue le singole coppie, offre suggerimenti sulle scelte da fare, talvolta anche sull’opportunità di celebrare le nozze in condizioni che rischiano di appesantire un’esperienza che comporta di suo non poche fatiche e responsabilità. 

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Da giovane sacerdote, scrive don Przemek, il futuro Pontefice “raccomandava ai giovani di prendere sul serio il tempo del fidanzamento” e consegnava loro le parole fondamentali per vivere l’amore coniugale: “La fedeltà e la prova, la responsabilità e l’educazione vicendevole”. E tante altre parole che, custodite con amore, sarebbero diventati come fari che orientano il cammino nella notte della vita (Lo Sposa passa, 92). Uno di questi giovani, Jan Veltulani, afferma: “Incontrando Wujek sulla nostra strada abbiamo vinto la lotteria della nostra vita”.

A proposito degli esercizi spirituali con i giovani universitari, che iniziò a predicare nel 1951, scrive don Przemek: “Nella memoria dei partecipanti rimasero le parole sul fascino dell’amore, sulla bellezza del cammino fatto in coppia” (p. 64). E ancora: “Condividendo i segreti dei loro cuori che essi gli confidavano, in un certo modo viveva dall’interno il loro discernere e il rispondere alla vocazione al matrimonio e alla vita familiare, sentendosi anche lui responsabile per il loro itinerario di vita. In questo clima… egli apprese la grande verità sull’amore e sulla responsabilità” (p. 88). Ricordando il ministero di quegli anni, Giovanni Paolo II afferma: “L’amore non è cosa che s’impara, e tuttavia non c’è cosa che sia così necessario imparare” (Varcare la soglia della speranza, 138). Ha proprio ragione: nella vita di un uomo e di una donna non c’è niente di più necessario che imparare ad amare. Purtroppo non è così. Le iniziative sono poche e disparate. Educatori specificamente preparati per questo ministero, ce ne sono davvero pochi.

Giovani e famiglia sono stati i due grandi amori di Papa Wojtyla. Nel suo lungo e fecondo ministero episcopale e petrino ha insistito su entrambi i fronti perché era consapevole che sono questi i due pilastri fondamentali della vita ecclesiale. Il punto di raccordo tra giovani e famiglia si chiama fidanzamento: da una parte appartiene ancora e pienamente al tempo della giovinezza e dall’altra si presenta come la stagione in cui i giovani si preparano a vivere l’avventura di una vita a due. Prendersi cura del fidanzamento è una cosa seria, dovrebbe essere il capitolo più importante della pastorale ecclesiale. 
Rileggendo queste pagine del ministero sacerdotale di Karol Wojtyla penso ai giovani che camminano verso il matrimonio mano nella mano con fiducia e trepidazione, portano nel cuore tanti desideri ma altrettante paure. Li affido all’intercessione di san Giovanni Paolo II e invito tutti ad invocarlo come Patrono dei fidanzati.




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