Eucaristia

Un giorno di luce il 18 maggio 2020: ripresa della Celebrazione cum populo

Santa Messa

A cura della Fraternità di Emmaus

Centinaia di porte si sono riaperte ieri per le Celebrazioni Eucaristiche con il popolo in tutta Italia. Presso la Cappella dedicata alla Santa Famiglia Martin, è stato vissuto un momento di grazia speciale.

C’era una commozione negli occhi che le mascherine non riuscivano a nascondere nelle persone che pian piano hanno riempito le sedie del piazzale della Cittadella “don Enrico Smaldone” per la prima Celebrazione Eucaristica dopo il lockdown. Era dall’8 marzo che la Messa con il popolo non si celebrava presso la Cappella Santi Luigi e Zelia Martin in Angri (SA), eppure la lampada della preghiera eucaristica non è stata mai spenta. Notte e giorno centinaia di persone si sono alternate per vivere l’Adorazione in pieno rispetto delle normative e delle disposizioni ma anche con l’intima certezza che senza la preghiera non era possibile attraversare questo tempo di prova. Giovani e sposi, laici e consacrati hanno cercato con umiltà di rispondere a quell’invito che un giorno Giovanni Paolo II rivolse a un gruppo di monache: “Coprite il globo terrestre con il manto della preghiera”. Dal 2012 infatti, anno in cui è stata inaugurata la Cappella dedicata alla famiglia Martin, la missione speciale di questo luogo è stata sempre quella di essere un fuoco orante, un punto di riferimento per quanti desiderano sostare e ristorarsi alla presenza di Gesù, attingendo forza dal sacramento della Riconciliazione e soprattutto dell’Eucaristia. 

La riapertura per la Celebrazione con il popolo, dove erano presenti più di cento persone, è stato un momento carico di commozione e di preghiera. Tutto è stato diligentemente e con amore organizzato per permettere di partecipare in sicurezza, rispettando le norme diocesane e applicando quella sensibilità tutta speciale per la famiglia. Oltre alle sedie per i singoli distanziate un metro o più l’uno dall’altra, è stata anche predisposta una fila per le coppie di sposi e un’altra per i genitori con i figli. Una bella immagine di Chiesa che ha cura e attenzione per tutti i suoi figli, specie per la famiglia, quella chiesa domestica che nei mesi della pandemia ha tenuto alta la fede del popolo credente. 

La Celebrazione è iniziata nel segno di Maria, come non ripercorrere durante il Rosario le settimane di dolore e di angoscia, la privazione dell’Eucaristia, la preoccupazione per il contagio del virus, le immagini televisive che hanno assediato le notti insonni… Tutto è stato deposto ai piedi di Maria. Intanto molti hanno potuto accostarsi dopo mesi alla Riconciliazione sacramentale. Guardandoli entrare e uscire, sembravano come naufraghi approdati sulla sponda dopo aver attraversato il mare in tempesta. 

Il canto iniziale preparava il cuore. Eravamo all’aperto ma è come se in quel momento un grande portone fosse stato spalancato per entrare nell’abbraccio di Dio. La presenza di san Giovanni Paolo II è stata palpabile. Molti giornalisti hanno scritto notando la coincidenza dell’apertura delle chiese con il centenario della nascita del grande Papa polacco (18 maggio 1920). Nell’omelia, don Silvio Longobardi, custode della Fraternità di Emmaus, ha ricordato che la vita di Giovanni Paolo II è stata molto densa di impegni e di appuntamenti e tuttavia “l’esistenza di un uomo non si misura con le opere che ha compiuto – queste interessano gli storici! –. Nella luce della fede, il valore della vita dipende unicamente dall’amore. Ha valore tutto ciò che è ispirato dall’amore e vissuto nell’amore e orientato a far risplendere solo e unicamente l’amore di Dio”. Questo è il segreto che ha accompagnato il cammino non facile di Giovanni Paolo II. “Un giorno, un giornalista chiese a Giovanni Paolo II” continua don Silvio “se riteneva di aver contribuito alla caduta dell’Impero sovietico e lui rispose semplicemente “Servi inutili sumus”, un credente sa di essere solo un collaboratore di Dio e nient’altro cerca se non di stare dalla parte di Dio. Questa era la coscienza del Papa”. 

Mentre la Celebrazione volgeva al termine, un vento si è alzato improvviso facendo girare le pagine del Lezionario e scompigliando le casule dei sacerdoti. Non è stato difficile andare con il cuore e la mente all’8 aprile del 2005, giorno dell’ultimo saluto a Giovanni Paolo II su questa terra. Il prodigio si rinnovava in una comunità che desidera soltanto testimoniare la fedeltà al Signore lungo la storia.




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