
Parole ruvide
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 16,16-20)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete». Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra loro: «Che cos’è questo che ci dice: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”, e: “Io me ne vado al Padre”?». Dicevano perciò: «Che cos’è questo “un poco”, di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire». Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «State indagando tra voi perché ho detto: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”? In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia».
Il commento
“Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia” (16,20). Le parole di Gesù hanno confermato le inquietudini, i discepoli sono smarriti e tristi (Gv 16,6). Il Maestro non offre la facile scappatoia delle illusioni e non cerca di consolarli con parole rassicuranti. Anzi, rincara la dose, li prepara al peggio. Annuncia eventi carichi di dolore: “sarete addolorati”. Il verbo [lypéō] indica una situazione penosa. Una parola chiara ma difficile da accogliere. La tristezza fa parte del kit che Gesù consegna ai discepoli. Non possiamo cercare una vita facile né dobbiamo chiedere sconti. Se Dio permette la tristezza vuol dire che anche questa esperienza è utile, ha un valore pedagogico, è una tappa del cammino. Le parole sono fin troppo chiare e forse proprio per questo causano un disagio maggiore. Siamo allergici al dolore. La nostra agenda della vita ha messo in conto la fatica ma non prevede alcun appuntamento con la sofferenza. E quando, imprevista, appare all’orizzonte ci lamentiamo come se avessimo ricevuto un torto o una palese ingiustizia. Anche il profeta Abacuc ha rimproverato il Signore di starsene quieto e indifferente dinanzi al malvagio che semina ingiustizie (Ab 1, 2-4). La sua domanda non resta senza risposta: “Soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede” (2,4). Il Signore chiede di attendere con fede. Nient’altro che questo. Chi vive nella fede cerca a trova in ogni evento le parole di Dio. Magari sono parole ruvide ma proprio per questo capaci di purificare il cuore da ogni attesa superficiale.
Durante la lunga malattia, che progressivamente ha debilitato il suo corpo, Giovanni Paolo II si sottoponeva a visite periodiche. Un giorno il medico curante gli chiese cosa pensava. Si riferiva al decorso della malattia. E lui rispose: “Cerco di capire quello che Dio vuole dirmi”. Un discepolo soffre ma non si scandalizza. Sulle orme dei santi, chiediamo la grazia di adorare l’imperscrutabile volontà divina e benedire il Signore anche quando l’orizzonte della vita si oscura.
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