
Meglio di noi
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 16,23b-28)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «In verità, in verità io vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà. Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena. Queste cose ve le ho dette in modo velato, ma viene l’ora in cui non vi parlerò più in modo velato e apertamente vi parlerò del Padre. In quel giorno chiederete nel mio nome e non vi dico che pregherò il Padre per voi: il Padre stesso infatti vi ama, perché voi avete amato me e avete creduto che io sono uscito da Dio. Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo e vado al Padre».
Il commento
“Chiedete e otterrete perché la vostra gioia sia piena” (16,24). Gesù non ci insegna a pregare Dio con la certezza che ogni nostra richiesta verrà esaudita; invita piuttosto a fidarci di Dio, sapendo che non elude mai le nostre domande, anche quando non risponde secondo le nostre attese. In fondo, Lui solo conosce qual è il bene e qual è la cosa migliore per noi. Vi sono situazioni in cui sperimentare l’amarezza è santificante, mentre un successo può alimentare la spirale perversa dell’orgoglio. Lui sa meglio di noi quel che è necessario. “Chiedete e otterrete”: il secondo verbo [lambánō] letteralmente significa prendere o ricevere. Con un po’ di creatività si potrebbe tradurre così: “Chiedete quel che volete e accogliete quello che Dio vi dà”. La gioia piena non consiste nell’ottenere quello che vogliamo ma nel vivere nella luce di Dio anche quelle vicende che ci fanno soffrire. Quando mettiamo da parte la ricerca istintiva della felicità per abbracciare di tutto cuore la volontà di Dio, allora sperimentiamo quella gioia che viene dal Cielo. Chi prega, non torna a casa a mani vuote. Se chiediamo con fede, riceveremo la luce per comprendere che i sentieri di Dio non sempre corrispondono ai nostri desideri. La preghiera ci rende umili non pretenziosi.
Poco prima di entrare al Carmelo, pensando alle battaglie che aveva dovuto affrontare per varcare quella porta benedetta, Teresa di Lisieux scrive alla sorella Paolina: “Le prove aiutano molto a staccarsi dalla terra, fanno guardare più in alto, al di là di questo mondo. Quaggiù nulla si può soddisfare, non si può gustare un po’ di riposo se non quando si è pronti a fare la volontà del buon Dio” (LT 43B, 18 marzo 1888). Queste parole, espressione di una fede adulta, sono scritte all’età di 15 anni. Nella luce della fede le numerose e dolorose prove appaiono come un’esperienza che purifica e santifica. Sulle orme dei santi, oggi chiediamo allo Spirito Santo di insegnarci a pregare come figli che nient’altro cercano se non il perfetto compimento della volontà del Padre.
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