Briciole di Vangelo - Tempo di Pasqua

26 maggio 2020

26 Maggio 2020

Alzare lo sguardo

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 17,1-11a)
In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi al cielo, disse: «Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse. Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te».

Il commento

Così parlò Gesù. Poi, alzàti gli occhi al cielo, disse: Padre…” (17,1). Dopo aver parlato di Dio, consegnando ai discepoli parole luminose (14,1 – 16,33), Gesù parla a Dio. Sono due aspetti complementari dell’unica missione. Tutta la sua vita, opere e parole, svela il mistero di Dio. Ma viene il momento in cui l’unica cosa che interessa è stare dinanzi al Padre. La preghiera è introdotta da una formula che non dobbiamo considerare scontata: “Alzati gli occhi al cielo”. Il cielo è un’immagine, indica il luogo abitato da Dio. Pregare significa volgere lo sguardo a Dio, entrare in relazione con Lui. Il valore della preghiera non sta nelle parole che diciamo e neppure in quelle che ascoltiamo. La preghiera manifesta il desiderio di Dio e alimenta il legame con Lui. La Chiesa appare come la comunità che parla di Dio e opera in nome di Dio. Dobbiamo recuperare l’immagine di una Chiesa che parla a Dio. In fondo, è questa la sua missione peculiare.

La preghiera, diceva Paolo VI, è “il sospiro della Chiesa verso lo Sposo”, “l’attestazione del suo mai sopito desiderio dell’incontro definitivo con Lui” (Udienza generale, 29 settembre 1976). Possiamo fare tante cose buone, dobbiamo imparare a guardare gli altri come fratelli da accogliere e da amare. Ma tutto scaturisce da questo sguardo rivolto a Dio, segno che riconosciamo in Lui la fonte stessa della vita: tutto parte da Lui e tutto viene consegnato a Lui. Una preghiera frettolosa, una celebrazione superficiale è una sostanziale mancanza di fede, l’espressione di una vita in cui Dio non il centro di tutto. Questa regola vale per tutti. Una coppia di sposi ha il dovere di guardarsi negli occhi, segno di una relazione in cui il dialogo è sempre vivo. Questo impegno non deve far trascurare il dovere di guardare verso l’alto, non solo come singoli ma proprio in quanto coppia. Questo gesto appartiene al ritmo ordinario della vita coniugale, è il modo più semplice per riconoscere che l’amore è un dono che ogni giorno riceviamo da Dio ed troverà compimento solo quando entreremo nella luce di Dio. È questa la grazia che oggi chiediamo.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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