Santità coniugale

Emilia: la mamma gracile ma forte nella fede di San Giovanni Paolo II

Karol Wojtyla ed Emilia Kaczorowska

di Giovanna Abbagnara

Il 7 maggio scorso, in Polonia a Wadowice, si è aperta ufficialmente la fase diocesana della causa di beatificazione e canonizzazione dei genitori di Giovanni Paolo II. Un evento che si è intrecciato con le celebrazioni per i cento anni dalla nascita di papa Wojtyla. Conosciamo più da vicino mamma Emilia.

Quanto incide una madre nella vita di un figlio? Qualsiasi risposta non sarebbe sufficiente. Parole, gesti, silenzi, fede si intrecciano in quell’arte antica e sempre unica che è l’arte di diventare genitori. Chi sa leggere la storia a partire dai particolari potrà ricavare tesori immensi. Non sono necessari gli anni per essere un buon genitore. Una testimonianza viva ce la offre la piccola santa Teresa di Gesù Bambino. La mamma muore quando aveva appena quattro anni e mezzo eppure ha lasciata una traccia indelebile nella vita della piccola santa carmelitana e pur tra indicibili sofferenze, le ha insegnato che un buon genitore prima di ogni altra cosa è innanzitutto una persona che ama Dio, un uomo o una donna che cercano con tutto il cuore di fare sempre e comunque la Sua volontà . 

Così Emilia, la mamma di un uomo che diventò Papa: Giovanni Paolo II. Una donna molto bella e graziosa che si era innamorata e poi sposata quando non aveva ancora vent’anni con il sottufficiale nell’esercito asburgico Karol Wojtyla. Un uomo che sappiamo dalle testimonianze giunte fino a noi «onesto, leale, serio, educato, modesto, retto, responsabile, generoso e instancabile». 

Si sposarono il 10 febbraio 1904 e subito dopo si trasferirono a Wadowice, dove Karol Wojtyla svolgeva compiti amministrativi in un prestigioso reggimento di fanteria. 

Nell’agosto del 1906, Emilia diede alla luce il primo figlio che fu chiamato Edmund. Ma fin da quel primo parto era evidente che quella giovane e bella ragazza aveva una salute gracile e delicata così che i medici le consigliarono di non avere altri figli. La vita dei coniugi Wojtyla a Wadowice trascorreva serena. Non erano ricchi ma nemmeno poveri. Emilia lavorava anche lei come sarta contribuendo al bilancio familiare. Amava vestire bene il suo bambino e ogni tanto si concedeva di comperargli qualche vestitino a Cracovia. Edmund era intelligente, cresceva forte e studiava con profitto. Emilia era molto orgogliosa di lui.

Nel 1914 i coniugi Wojtyla si accorsero di attendere un altro figlio. La gioia fu grande ma la gravidanza difficile e il parto complicato. Nacque una bambina che visse solo poche ore. Emilia la volle chiamare Olga, come la sorella morta a soli 22 anni.

Quella difficile maternità e la perdita della bambina segnarono molto Emilia. Fisicamente ma anche psicologicamente. Soffriva di fortissimi mal di schiena che le impedivano perfino di reggersi in piedi e di improvvisi capogiri che le facevano perdere conoscenza. Quando arrivavano quelle crisi, doveva restare a letto anche per quattro cinque giorni di fila e spesso trasportata a Cracovia, per essere assistita da medici specialisti. Le assenze duravano anche una settimana e allora era il suo sposo, Karol, a sbrigare le faccende domestiche, fare da mangiare, lavare i piatti, pulire la casa.

I medici dicevano che aveva i reni compromessi e il cuore malandato. Doveva condurre un’esistenza tranquilla, serena, non doveva affaticarsi e neppure lontanamente pensare ad altre maternità.

Nell’autunno del 1919, Emilia scoprì che stava aspettando un bambino. Nel secondo mese di gravidanza, andò con Karol dal medico, un noto ginecologo e ostetrico di Wadowice, il dottor Jan Moskała, che diede ai due coniugi una diagnosi devastante: “La tua gravidanza è seriamente a rischio e non c’è possibilità di portarla a termine o di avere un bambino vivo e in buona salute”. A peggiorare le cose, c’era il rischio che Emilia stessa non sopravvivesse al parto, anche se il bambino sarebbe sopravvissuto. Milena Kindziuk ha descritto i drammatici mesi della gravidanza di Emilia Wojtyła e della nascita di Karol sulla base di testimonianze e documenti in un libro dedicato ai genitori di Giovanni Paolo II “Emilia e Karol Wojtyła. Genitori di San Giovanni Paolo II” pubblicato recentemente in Polonia.  

Il dottor Moskała era un ginecologo abortista ma anche un cardiologo ed è per questo che molto probabilmente Emilia, malata di cuore, si era rivolta a lui. Inoltre, il medico aveva il suo studio nel centro di Wadowice, vicino alla casa in affitto dove viveva la famiglia Wojtyła. Ma Emilia non voleva abortire. Era pienamente consapevole della minaccia alla vita sua e di suo figlio. Fu un vero dramma per Karol ed Emilia. Si amavano tantissimo e il loro amore era corroborato da una grande fede in Dio. Così hanno iniziato a cercare un altro medico. La loro scelta ricadde sul dottor Samuel Taub, che lavorava a Wadowice e visitava nella caserma. 

Il dott. Taub era un medico ebreo di Cracovia. Era considerato un buon specialista e per la sua attività caritativa era molto conosciuto e benvisto. Il medico confermò che esisteva il rischio di complicanze durante il parto, inclusa la morte di Emilia. Tuttavia, non suggerì un aborto e accettò di seguire quella gravidanza difficile. Emilia visse mesi di profonda sofferenza: passò la maggior parte del tempo sdraiata e aveva ancora meno forza del solito. Karol si prendeva molta cura di sua moglie, tornava a casa subito dopo il lavoro per stare con lei. Anche l’ostetrica, Tatarowa, che lavorava nell’ufficio del dottor Taub, si prese cura di Emilia.

Il parto ebbe luogo il 18 maggio 1920. Fu un giorno estremamente caldo per quel periodo dell’anno. La temperatura arrivava fino a 30° gradi. Emilia giaceva nel suo appartamento in via Kościelna, nel soggiorno. Karol chiamò subito l’ostetrica e poi, poiché gli fu impedito di assistere insieme al figlio Edmund uscì per partecipare all’Ufficio popolare mariano nella chiesa parrocchiale, dove si cantavano le Litanie Lauretane. Anche Emilia a casa chiese all’ostetrica di aprire la finestra: voleva che il primo suono che suo figlio potesse ascoltare fosse un canto in onore di Maria. Il bambino nacque eccezionalmente grande e forte. Era in buona salute e piangeva forte. La madre era molto emozionata, ma anche piena di gioia e felicità per questo miracolo: sia il bambino che lei erano sopravvissuti contro ogni speranza. Nulla è impossibile a Dio. Il bambino fu chiamato Karol Joseph, il futuro Papa santo.

Quando Karol aveva 9 anni, le condizioni della mamma si aggravarono. La mattina del 13 aprile 1929, Karol, dopo aver fatto colazione, era uscito presto come il solito per andare a scuola. Verso mezzogiorno arrivò nella sua classe il preside e disse all’insegnante che doveva parlare con il piccolo Wojtyla. Fuori dell’aula, Karol vide una vicina di casa. Capì che era accaduto qualcosa di grave alla sua mamma e scoppiò a piangere. La signora Emilia, infatti, era spirata poco dopo aver mandato a scuola il bambino. 

È lo stesso Giovanni Paolo II, nel suo libro Dono e mistero a descriverci quel passaggio della sua vita: «Non avevo ancora fatto la Prima Comunione quando perdetti la mamma: avevo appena nove anni. Non ho però chiara consapevolezza del contributo, sicuramente grande, che ella dette alla mia educazione religiosa». Nel 1939 scrisse anche in versi una dolce preghiera: «Sulla tua tomba bianca/Fioriscono bianchi fiori della vita./Oh, quanti anni sono stati senza di te,/Quanti anni fa?/Sulla tua tomba bianca/Da tanti anni già chiusa:/Come se in alto qualcosa si innalzasse,/Come la morte incomprensibile./Sulla tua tomba bianca,/O madre, mio spento amore,/Con tanto affetto filiale/Faccio preghiera:/Dio, donale eterno riposo».

Quando è stato ordinato presbitero, il 1 novembre 1946, volle che nella sua casula fosse cucito un pezzo del vestito da sposa della mamma Emilia. Giovanni Paolo II in questo modo riconosceva la grande testimonianza di fede che aveva ricevuto da quella donna gracile nel fisico ma forte nella fede.




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