
Il vero sacrificio
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 12,28b-34)
In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi». Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici». Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.
Il commento
“Amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici” (12,33). Diversamente da Matteo (22,35), Marco parla di uno scriba animato dalle migliori intenzioni, interroga Gesù perché riconosce in Lui un vero Maestro (12,28). Lo ascolta con attenzione. Le parole di Gesù confermano la stima che egli nutre per lui: “Hai detto bene, Maestro, e secondo verità” (12,32). La sua risposta manifesta una convinta e piena adesione all’insegnamento del Rabbì. Non solo riconosce che la dottrina corrisponde perfettamente alla tradizione ma offre un commento che allarga ulteriormente l’orizzonte. Nella sua risposta, infatti, troviamo un dettaglio che non era presente nelle parole di Gesù: “vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici”. È un passaggio molto importante. L’offerta degli animali appartiene ai riti più antichi della religiosità giudaica, esprime e conferma l’alleanza con Dio, per questo tali riti venivano chiamati “sacrifici di comunione” (Es 20,24). La vittima sacrificale in parte era offerta a Dio e in parte consumata dai fedeli. Nel tempio di Gerusalemme, dove avviene questo dialogo, questi sacrifici venivano offerti ogni giorno. Lo scriba ha capito che l’amore è il vero sacrificio. Il Vangelo chiede di fare della carità fraterna – in tutte le sue forme – il segno visibile della fede. Se l’amore del prossimo è il vero sacrificio, la vita quotidiana, intessuta di relazioni, diventa il nuovo altare, come scrive Paolo ai Romani: “Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale” (Rm 2,1). Tutta la vita viene offerta a Dio. Il sacrificio degli animali nasce dal dono, i fedeli offrivano gli animali da immolare. Il nuovo sacrificio chiede a noi di diventare dono, donare se stessi. “Amare è donare tutto, donare se stessi”, scrive in modo semplice Teresa di Lisieux. È questa la nuova e più esigente via della quotidiana santificazione.
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