Santissima Trinità – Anno A – 7 giugno 2020

Il mistero nascosto da secoli

Ogni uomo, proprio perché è plasmato di quell’amore che trova nella Trinità la sua misteriosa e inesauribile scaturigine, porta in sé l’impronta comunionale, non può trovare gioia se non quando lascia emergere questa verità iscritta nel suo essere.

Dal Vangelo secondo Giovanni (3,16-18)

In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».

 

IL COMMENTO

di don Silvio Longobardi, esperto di pastorale familiare

Il mistero della Santa Trinità, che oggi contempliamo, è come un fuoco che brucia tutti i ragionamenti. Ogni tentativo di comprendere è velleitario. Siamo chiamati a togliere i sandali, a riconoscere cioè l’immensità di Dio. Paolo esclama:

“O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!” (Rm 11,33).

Solo l’umiltà può varcare la soglia del mistero perché grazie ad essa l’uomo accoglie con docilità quello che egli non può capire con i mezzi ordinari di cui dispone per conoscere le cose. La festa della Trinità segue quella della Pentecoste perché è grazie allo Spirito di Dio che noi possiamo penetrare e gustare il mistero di Dio. Infatti, dice ancora Paolo, “quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo […] a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito” (1Cor 2, 9-10). L’umile si accosta senza pretese al mistero, si lascia inondare dalla luce ed accoglie la verità.

La centralità del Figlio

Questo mistero, “nascosto da secoli” (Col 1, 26) ci è stato svelato da Gesù, il Figlio Unigenito. Il brano evangelico della liturgia riporta un frammento del dialogo di Gesù con Nicodemo (Gv 3,16-18). In realtà queste parole rappresentano un ideale prolungamento di quel dialogo in cui l’evangelista riflette ad alta voce su un tema che gli è molto caro, la centralità del Figlio nella storia della salvezza. “Nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell’uomo che è disceso dal cielo” (Gv 3,13): queste parole riprendono quelle del prologo in cui Gesù è presentato come il Figlio Unigenito, colui che può spiegare l’intimità di Dio (Gv 1,18). Dio rimane nascosto ai nostri occhi, mistero inaccessibile per ogni mente umana. Nessuno può salire al cielo! Solo Cristo, il Verbo fatto carne (Gv 1,14), solo Lui che è “disceso dal cielo” può svelarci le cose celesti.

Per incamminarci nelle vie di Dio dobbiamo diventare discepoli di Gesù, se vogliamo scrutare il mistero di Dio dobbiamo fissare lo sguardo su Gesù. È Lui che svela il volto di Dio, è Lui la via che ci conduce a Dio. Lo Spirito insegna e ricorda le parole di Gesù, grazie a Lui la rivelazione è sempre meglio compresa e non viene smarrita. Ma tutto passa per Gesù, per questo egli dice: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23). Tutto nasce dall’amore per Cristo: l’amore per Lui e l’accoglienza della sua Parola, ci fanno entrare nella corrente di amore della Trinità: facciamo così esperienza della paternità di Dio e dello Spirito, anzi diventiamo dimora della Trinità. È importante precisare che la centralità di Cristo di fatto si manifesta nella centralità eucaristica. D’altra parte, la domenica della Santa Trinità precede e prepara quella del Corpo e Sangue del Signore.

L’origine e la destinazione

In Gesù si rivela pienamente e definitivamente l’amore del Padre, è questo che afferma Giovanni: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3,16). È questo il mistero “nascosto da secoli”, l’origine di ogni cosa.

Dio è amore, annuncia l’apostolo Giovanni (1Gv 4,8)
e noi tutti siamo stati generati dalla sovrabbondanza del suo Amore.

Tutta la vicenda umana trova il suo fondamento in questo amore e rimane aggrappata ad esso. È questo il segreto che muove ogni cosa. L’amore di Dio non è solo al principio ma rimane in ogni tempo il principio, la sorgente da cui sgorga la vita. Questo mistero ci genera ogni giorno, riveste di significato la nostra esistenza, disegna l’orizzonte verso cui camminiamo.

Contemplando la Trinità non comprendiamo solo l’origine ma anche la destinazione: ciò che siamo chiamati ad essere. Ogni uomo, proprio perché è plasmato di quell’amore che trova nella Trinità la sua misteriosa e inesauribile scaturigine, porta in sé l’impronta comunionale, non può trovare gioia se non quando lascia emergere questa verità iscritta nel suo essere. Insomma, per dirla in due parole: non possiamo sottrarci al misterioso comando dell’amore, non è lecito sottrarci alla dolce tirannia dell’amore.

Fino alla fine

Gesù rivela l’amore del Padre diventando lui stesso amore, amando la vita e i discepoli in modo unico e straordinario. Tutto il Vangelo testimonia questa verità. Ma Giovanni lo dice con una formula davvero insuperabile: “dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (Gv 13, 1). “Sino alla fine” significa fino alla croce, fino a dare la vita stessa per loro. E chiede anche ai discepoli di fare altrettanto, anzi dice che proprio questa disponibilità misura la verità dell’amore: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13). L’amore non fugge dinanzi al dolore, anzi lo abbraccia e lo vince. Amare vuol dire mettere la propria vita a disposizione degli altri, senza riguardi personali. Ma questo non avviene affatto spontaneamente, è il frutto maturo di una quotidiana fatica. Il legame con Cristo ci mantiene nella fatica ed evita ogni istintivo e superficiale ripiegamento egoistico.

Una preghiera

Dinanzi al mistero il cuore tace, invaso dallo stupore. Al termine di una lunga ricerca, tutta dedicata ad esplorare i sentieri della Trinità, Sant’Agostino scrive: “Quando dunque arriveremo alla tua presenza, cesseranno queste molte parole che diciamo senza giungere a te; tu resterai solo, tutto in tutti (1Cor 15,28), e senza fine diremo una sola parola, lodandoti in un solo slancio e divenuti anche noi una sola cosa con te” (Sant’Agostino, La Trinità, 15,51).

Anche se il silenzio è preferibile ad ogni altra parola, vorrei concludere con una preghiera musicata da Marco Frisina:

Tu sei santo, Signore Iddio unico, che fai cose stupende. Tu sei forte. Tu sei grande. Tu sei l’Altissimo. Tu sei il Re onnipotente. Tu sei il Padre santo, Re del cielo e della terra. Tu sei trino e uno, Signore Iddio degli dèi. Tu sei il bene, tutto il bene, il sommo bene, Signore Iddio vivo e vero. Tu sei amore, carità. Tu sei sapienza. Tu sei umiltà. Tu sei pazienza. Tu sei bellezza. Tu sei sicurezza. Tu sei la pace. Tu sei gaudio e letizia. Tu sei la nostra speranza. Tu sei giustizia. Tu sei temperanza. Tu sei ogni nostra ricchezza. Tu sei bellezza. Tu sei mitezza. Tu sei il protettore. Tu sei il custode e il difensore nostro. Tu sei fortezza. Tu sei rifugio. Tu sei la nostra speranza. Tu sei la nostra fede. Tu sei la nostra carità. Tu sei tutta la nostra dolcezza. Tu sei la nostra vita eterna, grande e ammirabile Signore, Dio onnipotente, misericordioso Salvatore.

Scarica “La domenica in famiglia” – Un piccolo momento di preghiera da vivere in famiglia


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