
Pensare secondo Dio
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 5,33-37)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare: “Sì, sì”; “No, no”; il di più viene dal Maligno».
Il commento
«Sia invece il vostro parlare: “Sì, sì”, “No, no”; il di più viene dal Maligno» (5,37). Il brano evangelico propone uno stile di vita contrassegnato da virtù come lealtà e sincerità che sono da tutti ricercate come necessarie per rivestire di dignità la vita personale e collettiva. Non dobbiamo però dimenticare che la parola di Dio ha sempre un valore teologico, parla di Dio e conduce a Dio. È questa la cornice in cui dobbiamo leggerla. Mi soffermo sulle parole conclusive. Nella vita siamo continuamente posti dinanzi alle scelte, Gesù insegna che possiamo e dobbiamo usare tanto il sì quanto il no. Sono due opzioni possibili ed entrambe legittime. Ma… e qui sorge il vero problema, il sì e il no devono avere la stessa radice e la stessa meta. La scelta non deve essere fatta in base ai criteri soggettivi di utilità o alla moda delle convenienze sociali; e neppure per rispettare o ossequiare la ricerca individuale del benessere o del piacere. Ogni opzione deve essere fatta in relazione a Dio. Diciamo sì quando abbiamo chiarezza che Dio chiede qualcosa, diciamo no quando percepiamo la presenza del male che accarezza e seduce. Diciamo sì con determinazione quando abbiamo la certezza che quella scelta accresce il nostro amore per Dio; e con altrettanta decisione diciamo no quando ci accorgiamo che quella scelta raffredda il nostro entusiasmo e rallenta il nostro cammino verso il Signore. Diciamo sì quando è in gioco il bene e la dignità del prossimo; diciamo no quando ci accorgiamo che quella scelta non aiuta, anzi accresce il disagio degli altri. Insomma, non basta essere sinceri, il sì e il no devono avere un valore oggettivo. Nel pensare comune la sincerità consiste nel dire apertamente quello che pensiamo. Questo stile potrebbe apparire virtuoso ma non sempre è così, anzi spesso viene usato come paravento dell’arbitrio individualistico: ciascuno dice e pensa quello he vuole. Prima di dire quello che pensa, il credente s’impegna a pensare secondo Dio e a camminare nei sentieri del Vangelo. È questa la grazia che oggi chiediamo.
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