
Le parole più adatte
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 7,1-5)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non giudicate, per non essere giudicati; perché con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? O come dirai al tuo fratello: “Lascia che tolga la pagliuzza dal tuo occhio”, mentre nel tuo occhio c’è la trave? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello».
Il commento
“Con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi” (7,2). Le parole di Gesù non riguardano la società civile ma la comunità ecclesiale, sono consegnate a coloro che sono chiamati a vivere da fratelli. Questa premessa è indispensabile per dare il giusto valore all’insegnamento evangelico che ruota attorno ad un verbo [krínō] che ha molteplici significati, alcuni sono chiaramente negativi: giudicare, criticare, condannare; altri sono positivi: valutare, scegliere, correggere. Gesù conosce le derive del cuore umano e sa quanto sia facile passare dalla doverosa correzione fraterna alla sentenza di condanna. Gesù invita i discepoli a custodire e coltivare il bene prezioso della comunione fraterna. Per questo consegna una parola nella sua forma più autorevole, come un comando che non ammette eccezioni o comode interpretazioni: “Non giudicate” (7,1). Per dare maggiore forza al comando, aggiunge che se avremo giudicato con severità il prossimo, riceveremo lo stesso trattamento quando ci presenteremo dinanzi al tribunale di Dio. Dobbiamo però stare attenti a non cadere nell’errore opposto, quello di guardare con placida indifferenza il comportamento altrui, come se fossimo estranei. È vero che ciascuno è responsabile delle sue azioni ma se siamo fratelli, legati da vincoli di amicizia, non possiamo osservare con distacco ma sentiamo il bisogno di intervenire con premura e benevolenza.
Ogni parola del Vangelo non può essere isolata ma deve essere compresa nel contesto di una proposta unitaria. Dobbiamo perciò interpretare questo comando nell’orizzonte della carità fraterna. Se siamo realmente preoccupati della salvezza altrui, cercheremo il tempo più favorevole e troveremo le parole più adatte per aiutare un fratello a non smarrire la strada e/o a ritrovare la strada che ha già perduto. Se mettiamo da parte ogni istintiva rivendicazione e cerchiamo di guardare gli eventi con quella carità che il Signore ci ha insegnato, sarà più facile comprendere come aiutarci gli uni gli altri a camminare nelle vie di Dio. È questa la grazia che oggi chiediamo.
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