Immobilizzata a letto ed uccisa con l’eutanasia. Il medico: “Lo rifarei”

anziana

di Chiara Chiessi, Universitari per la Vita

Una signora anziana viene uccisa nonostante il suo parere contrario. Il medico che le ha procurato l’eutanasia si difende: “L’ho fatto con il permesso del marito e della figlia. Convinta di avere agito con attenzione e nei limiti della legge”.

Un tragico fatto, accaduto in Olanda nel 2016, ha svelato la maschera della “libertà di scelta” dell’eutanasia. Ma andiamo con ordine.

Quattro anni fa una donna anziana olandese affetta da Alzheimer fu rinchiusa contro il suo volere in una casa di cura, dove non riusciva ad ambientarsi e per questo si lamentava tutto il giorno.

Quando le era stato diagnosticato l’Alzheimer, aveva redatto un testamento biologico, specificando che se avesse ritenuto essere giunto il momento, avrebbe voluto ricevere l’eutanasia.

Il medico che l’aveva in cura, la dott.ssa Marinou Arends, vedendo il testamento biologico redatto ed il profondo stato di insofferenza della paziente, decise che era arrivato il momento di farla finita.

Il giorno stabilito per l’eutanasia, il medico versò del sedativo nel caffè della signora, per «non stressarla ulteriormente». Ma qualcosa andò storto, perché, dopo la prima delle tre iniezioni per ucciderla, la signora si svegliò e cominciò a dimenarsi cercando di tirarsi indietro. Tutto inutile: immobilizzata nel letto dalla figlia e dal marito, in poco tempo la procedura fa il suo corso.

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Questo caso è arrivato sul tavolo dei magistrati nel 2017 e, dopo tre anni, il medico è stato assolto da ogni accusa dalla Corte internazionale di giustizia e dalla Corte Suprema.

Recentemente, la dott.ssa ha rilasciato un’intervista in cui ha spiegato il motivo del suo gesto e perché lo rifarebbe senz’altro. «Quando bevevamo il the, si lamentava sempre della sua condizione terribile, del fatto di non poter più fare nulla, e di essere sempre così stanca. Era sempre triste, triste, ribelle, irrequieta». 

Arends è sempre più convinta che darle l’eutanasia sia stata la soluzione migliore per alleviare le sofferenze della sua paziente ed il marito, che aveva una procura per prendere decisioni su sua moglie, è d’accordo.

Nel testamento biologico, però, la donna ha specificato che l’eutanasia avrebbe dovuto esserle erogata solo su sua richiesta, «quando riterrò che sia giunto il momento», e quando «sarò nel pieno delle mie facoltà» per richiederla.

Per tre volte Arends aveva chiesto alla donna: «Che ne pensi se ti aiutassi a morire?». Per tre volte l’anziana aveva risposto sconcertata di no, aggiungendo: «Penso ci stiamo spingendo troppo lontano, morta, no». Ed è questo, paradossalmente, a rinsaldare la volontà della Arends, secondo la quale «un medico deve prendere in considerazione anche il modo in cui vengono pronunciate le risposte», afferma, «tutte le volte sembrava titubante». 

Visto che quelle risposte non erano coerenti alla volontà scritta anni prima, la donna dimostrava di non essere in sé ed «io non potevo abbandonarla».

Per evitarle tutto questo dunque il medico versa del sedativo nel caffè dell’anziana, senza spiegarle che di lì a poco sarebbe stata uccisa. «L’ho fatto col permesso del marito e della figlia, entrambi hanno dato pieno consenso». Inoltre «non potevamo pensare che fosse cosciente e capace di dire addio. Non era più in grado di capire che sarebbe morta». Sappiamo che cosa è successo dopo. «Non mi sarei aspettata mai di andare in causa, mai… Ero convinta di avere agito con attenzione e nei limiti della legge». 

E quando le viene chiesto se lo rifarebbe, ha risposto: «Rifarei tutto. Immagino che ci siano medici che lo troverebbero un passo troppo al limite (sono oltre duecento i medici olandesi che hanno espresso orrore per la condotta di Arends). Ma io ho dovuto farlo senza il consenso della paziente. È stato un passo tremendamente difficile. Ma per il meglio».

Anche l’ultimo paletto dell’autodeterminazione, della “libertà”, il poter decidere come e quando morire, è caduto. Perché oggi in Olanda, ma domani, chissà, anche in Italia, si può morire drogati, immobilizzati a letto, con un medico che, prosciolto da ogni accusa, afferma di essere disposto a rifarlo perché è il suo lavoro, come i Nazisti che uccidendo gli ebrei dicevano di farlo perché “obbedivano agli ordini”.




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