Crisi demografica

“Mettere al mondo un figlio è autorealizzarsi pienamente!”

di Ida Giangrande

Nuovo minimo storico di nascite dall’Unità d’Italia. Siamo in piena crisi demografica. Cosa sarà degli italiani se andiamo avanti così? Ne abbiamo parlato con Francesco Belletti, direttore del Cisf (Centro Internazionale Studi Famiglia).

L’Italia è in piena crisi demografica. Al 31 dicembre 2019 la popolazione residente è inferiore di quasi 189 mila unità (188.721) rispetto all’inizio dell’anno. Il persistente declino avviatosi nel 2015 ha portato a una diminuzione di quasi 551 mila residenti in cinque anni. Rispetto all’anno precedente, si registra un nuovo minimo storico di nascite dall’Unità d’Italia, un lieve aumento dei decessi e più cancellazioni anagrafiche per l’estero. Questo il quadro che emerge dall’ultimo report dell’Istat sul bilancio demografico nazionale. Cosa sta succedendo? Che fine faranno gli italiani se andiamo avanti così? Abbiamo interpellato Francesco Belletti, direttore del Cisf (Centro Internazionale Studi Famiglia) ma soprattutto sposo e padre.

La crisi demografica è un problema che l’Italia si porta dietro già da un po’. Il Covid sembra soffiare sul fuoco…

I dati pubblicati dall’Istat fanno riferimento, infatti, al 2019 e confermano il trend in calo delle nascite. Abbiamo perso altri 20mila bambini su 440mila. Una tendenza permanente dove emerge con chiarezza la difficoltà delle nuove generazioni a mettere al mondo nuove vite. Certamente il Covid ha contribuito e contribuirà a rendere più difficile la situazione diffondendo un clima di disagio e insicurezza.

Quali sono le cause di questa crisi demografica secondo lei?

Le cause sono da ricercarsi in due poli uno è costituito dalle vicende personali e l’altro dai vincoli strutturali. Le persone fanno più fatica ad investire su un figlio, sono più concentrate su se stesse, sulla realizzazione professionale. D’altro canto questo aspetto va in contrasto con le criticità sociali. Mancano le case, dove ci sono richiedono un grosso investimento economico, manca il lavoro, i livelli salariali sono bassi, i bambini costano e questo determina una cornice in cui ci sono persone che progettano una vita in coppia escludendo di fatto un figlio dalla prospettiva futura.

Mi sembra di capire, dunque, che non è solo un fatto di sostegni politici ma principalmente una questione culturale?

Sì, certamente non basterebbero tanti soldi a convincere le persone a diventare genitori. Mettere al mondo un figlio ridefinisce la propria identità, è un’esperienza globale, un cambiamento radicale del proprio progetto di vita. Una volta fare un figlio era un mandato sociale legato alla tradizione, oggi siamo più liberi, chi fa figli è perché li vuole ma siamo costretti a registrare molte derive. D’altro canto fare un figlio è come andare ai Caraibi, sembra che lo Stato ti dica: “È una scelta tua e se lo vuoi, lo fai tu con i tuoi mezzi”. Un figlio non è mai un fatto privato, ma un bene pubblico da tutelare e sostenere. Da questo punto di vista è impensabile che non ci siano sostegni pubblici a tutela della natalità.

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Come uscire dal pantano?

Bisogna lavorare con il doppio codice: innanzitutto tornare a raccontare i figli come la più bella forma di autorealizzazione e di fatto lo sono. Sento sempre più spesso parlare dei figli come di pesi soffocanti. Mettere al mondo dei bambini è un valore, costruisce la persona in modo più completo. Qui la battaglia si gioca esclusivamente sul piano culturale, bisogna ripartire dal dire che un figlio ti restituisce un senso del tempo, della vita e del futuro che altrimenti non avresti. Dall’altra parte ci vogliono politiche chiare che mettano al primo posto il sostegno alla natalità. Nel dibattito politico la famiglia ogni tanto emerge, ma quando si tratta di stabilire dove vanno a finire i soldi pubblici la famiglia scompare. C’è bisogno di un grande investimento sociale e di una nuova cultura della natalità.

Nei giorni scorsi è stato pubblicato anche l’ultimo Rapporto Cisf sulla famiglia che tratta anche di questi argomenti…

L’ultimo Rapporto Cisf mette a fuoco il problema della natalità nel più grande problema dell’emergenza famiglia. Il Rapporto si intitola “La famiglia nella società postfamiliare”. Qui noi abbiamo avuto modo di evidenziare l’evaporazione del concetto di famiglia che è alla base del problema della natalità. Il 60% delle famiglie oggi è composta da una o due persone. La famiglia è una risorsa preziosa per tutta la società, per l’economia, per i giovani, ma quante sono le persone che vogliono investire nella relazione, che vogliono costruire legami generativi? Sostenere la famiglia vuol dire sostenere il Paese.




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