25 luglio 2020

25 Luglio 2020

Con Lui, come Lui

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 20,20-28)
In quel tempo, si avvicinò a Gesù la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato». Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dòminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Il commento

Potete bere il calice che io sto per bere?” (20,22). I discepoli chiedono la gloria e Gesù domanda se sono disposti a bere il calice che Lui stesso si prepara a bere. Nella tradizione biblica il calice ha diversi significati. Fa pensare anzitutto al destino di morte, alla rovina riservata agli empi (Is 51,17) ma indica anche la gioia traboccante che deriva dalla comunione con il Signore, come leggiamo nel salmo: “Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita” (Sal 16,5). In questo senso possiamo leggere la domanda che Gesù rivolge ai discepoli: egli chiede se sono disposti a vivere in piena comunione con Lui. Con ingenuità e un pizzico di presunzione Giacomo e Giovanni rispondono: “Lo possiamo”. Nessuna obiezione da parte di Gesù, anzi una solenne e profetica conferma: “Il mio calice lo berrete” (20,23). In realtà tra il Maestro e gli apostoli vi è un’abissale differenza: Gesù pensa alla croce, i discepoli alla gloria. I discepoli sognano il potere, Gesù si prepara e li prepara ad affrontare la sofferenza. L’orizzonte è molto diverso, anzi è chiaramente oppositivo. È interessante notare che il Nazareno non domanda se sono pronti a soffrire con Lui e per Lui. Chiede semplicemente se sono disposti a bere con lui il calice, cioè se desiderano vivere in comunione con Lui. Costi quel che costi. È questo il cuore della fede. Essere con Lui, diventare come Lui.

La nostra vita è attraversata dal soffio oscuro e piacevole dell’orgoglio. L’uomo vuole realizzare i suoi sogni di gloria. Ad ogni costo. Il prezzo del successo lo facciamo pagare agli altri. Anche se nessuno la sottoscrive, vale ancora l’antica sentenza: mors tua, vita mea. La via del Vangelo è radicalmente opposta: Gesù è pronto a donare la sua vita. E chiede ai discepoli di fare altrettanto. L’unica gloria degna di questo nome nasce dall’aver amato e servito Dio. L’unica carriera è quella di un amore che non fugge la croce. “Nulla è troppo duro da sopportare, pur di conquistare la palma…” (LT 55, luglio 1888). Così scrive Teresa di Lisieux nel cuore della giovinezza. Mi pare una buona regola di vita.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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