
Il giusto valore
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 13,44-52)
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra. Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì».
Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».
Il commento
“Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo” (13,44). Il Vangelo ci regala tre parabole che concludono il mosaico con il quale Gesù descrive il regno di Dio. Tralascio l’ultima e mi soffermo sulle prime due. È importante sottolineare i verbi. Il protagonista della prima parabola è un contadino che trova un tesoro. Il narratore non dice che cerca qualcosa, il ritrovamento sembra avvenire casualmente, come una luce che si accende all’improvviso e fa vedere quello che mai avremmo immaginato. Accade così anche al mercante, anche se va in cerca di perle preziose, resta sbalordito quando trova un oggetto che vale più di tutto quello che fino ad allora ha accumulato. Nel racconto evangelico il verbo trovare non fa riferimento all’azione dell’uomo ma all’opera di Dio che, per vie misteriose, dona di scoprire l’imprevedibile. Questa grazia tuttavia non lascia alcuna traccia se non trova un’immediata corrispondenza nell’uomo. La parabola sottolinea la risposta generosa: il contadino “va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo” (13,44). Con le stesse parole viene descritta la reazione del mercante. Il verbo vendere viene usato nel commercio per indicare il baratto, dare una cosa in cambio di qualcos’altro. In questo caso, tanto il contadino quanto il mercante, sono disposti a vendere tutti i propri beni per ottenere il tesoro. Ai loro occhi evidentemente quello che hanno trovato non solo è importante, non solo è prezioso, ma è assolutamente indispensabile.
La parabola richiama la virtù della saggezza, cioè la capacità distinguere ciò che veramente conta da ciò che è utile ma non è strettamente essenziale. È più facile, anche se mai scontato, individuare il bene e il male. Più difficile valutare quando sono in gioco beni di diverso valore. Non sempre sappiamo operare un buon discernimento e spesso l’istinto della carne o del cuore, suggerisce obiettivi del tutto secondari. Oggi chiediamo la grazia di essere vigilanti per imparare a riconoscere e a dare il giusto peso alle cose che danno senso e valore alla vita.
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