
Parole severe
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 10,38-42)
In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».
Il commento
“Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose” (10,41). In questa pagina evangelica la protagonista della festa liturgica non sembra fare una bella figura. In fondo, le parole che Gesù le rivolge, anche se condite di affetto, hanno il sapore di un evidente rimprovero, anzi potrebbero apparire come una plateale sfiducia. In realtà, questa scena offre un’immagine chiara del rapporto tra Maestro e discepolo. Marta ha dato uno spazio eccessivo alle cose da fare, fino al punto da trascurare l’ascolto della Parola che rappresenta il cuore dell’esperienza di fede. Gesù vede ma lascia fare. Quando però la donna gli chiede di prendere posizione sull’atteggiamento assunto da Maria, allora interviene con estrema chiarezza e disapprova pubblicamente il suo comportamento. Il Maestro non deve sempre accarezzare, ci sono situazioni in cui deve usare parole severe per denunciare le false sicurezze. Marta era andata da Gesù con l’arroganza di chi crede di stare nel giusto. La parola del Rabbì le chiede di modificare il suo modo di pensare, non deve rinunciare alle responsabilità che la vita impone ma deve riconoscere e dare all’ascolto della Parola la giusta priorità. Le parole di Gesù chiudono la scena. Non c’è altro da dire. Il Vangelo non racconta la reazione emotiva della donna. Considerando il suo carattere possiamo immaginare che non sia stato facile per lei accogliere quelle parole severe. L’irruenza delle parole lascia spazio al rispettoso silenzio. In quel momento forse non pensava di meritare quel rimprovero ma non avanza obiezioni. Si fida. La docilità è la premessa di una vita santa.
Oggi ricordiamo l’anniversario della morte di san Luigi Martin (1894), il papà della piccola Teresa. Nella sua vita vi sono sentieri interrotti e passaggi faticosi ma in ogni cosa egli ha cercato di rispondere agli appelli di Dio. Senza mai badare a se stesso. “Quando penso a te, amatissimo papà mio, mi è naturale pensare al buon Dio, perché mi sembra che sia impossibile vedere sulla terra qualcuno più santo di te” (LT 58, 31 luglio 1888). Così gli scrive Teresa dal monastero. Alla sua intercessione affidiamo i genitori perché sappiano custodire e coltivare la fede dei figli.
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