
Ciò che conta
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 14,13-21)
In quel tempo, avendo udito [della morte di Giovanni Battista], Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati. Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui». E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.
Il commento
“Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati” (14,14). I primi versetti non hanno solo un carattere introduttivo ma descrivono lo stile di Gesù e rappresentano perciò la necessaria premessa dell’evento successivo. Possiamo individuare quattro verbi che possiamo considerare come i pilastri della casa di carità: andare, vedere, sentire compassione e guarire. Il primo verbo non appare nella traduzione italiana ma corrisponde fedelmente al testo greco [exérchomai]. La carità spinge a mettersi in cammino, dona uno sguardo nuovo, suscita un’ardente compassione e genera un impegno concreto. Ad una prima lettura possiamo pensare che Gesù si arrende all’invadenza della folla, in fondo s’era allontanato per cercare un “luogo deserto” dove gustare il silenzio assieme ai discepoli (14,13). E invece, quando approda trova una folla che lo attende e…spera. Dinanzi a questa scena commovente Gesù non si tira indietro, non cede alla folla ma si arrende alla carità.
Nella biografia di quelli che vengono considerati i grandi uomini della storia si ricordano le opere che hanno compiuto, quelle che hanno lasciato una traccia nella storia. Il Vangelo invece insegna che far vincere la carità è l’unica cosa che conta, ed è l’unica battaglia che dobbiamo combattere con determinazione. Se non vinciamo questa battaglia, tutti gli altri traguardi professionali sulla bilancia della vita pesano quanto un granello di polvere. Alla fine della vita le uniche cose da ricordare sono quelle che abbiamo fatto per amore e quelle in cui abbiamo fatto vincere l’amore. Malgrado le conquiste della tecnica, la nostra epoca mostra tutti i tratti di una civiltà decadente che tratta l’uomo come una cosa. In questo contesto, carico di oscurità, la Chiesa ha il compito di annunciare con fierezza che il Vangelo è il cuore di quella che Paolo VI chiama la “civiltà dell’amore”. Dove arriva Gesù l’uomo risplende nella sua intangibile dignità. Oggi chiediamo la grazia di far vincere la carità nelle piccole e nascoste circostanze della vita.
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