
Il fascino della montagna
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 14,22-36)
[Dopo che la folla ebbe mangiato], subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.
La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!».
Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?».
Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».
Compiuta la traversata, approdarono a Gennèsaret. E la gente del luogo, riconosciuto Gesù, diffuse la notizia in tutta la regione; gli portarono tutti i malati e lo pregavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello. E quanti lo toccarono furono guariti.
Il commento
“Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare” (14,23). Questa pagina evangelica intreccia mari e monti, somiglia ad uno spot turistico. Dopo aver costretto i discepoli a pendere la via del mare, Gesù si ritira sul monte. Più che un luogo geografico, dobbiamo pensare ad un’immagine teologica. L’evangelista Matteo ha una particolare attenzione alla montagna, il ministero di Gesù comincia sul monte, dove proclama le Beatitudini (5, 1-12) e termina su un altro monte dove consegna agi Undici il mandato di portare ovunque il Vangelo (28, 16-20). In entrambi i casi Gesù vi sale insieme alla folla o ai discepoli. In questo caso, invece, vi sale da solo e resta solo, come sottolinea l’evangelista: “Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo” (14,24). È una solitudine cercata e custodita gelosamente. In apparenza Gesù si allontana, in realtà non abbandona i discepoli, anzi li porta con sé e prega anche per loro. La scena evangelica offre un’icona significativa, un ulteriore tassello di quel mosaico che disegna l’identità umana e divina del Nazareno. Gesù è il Figlio di Dio che vive in mezzo agli uomini, sa stare in mezzo alla folla ma sa anche allontanarsi per ritagliare momenti di solitudine in cui ritrovarsi nella più totale intimità con il Padre suo.
Immergendosi in questa pagina la Chiesa comprende ancora meglio la sua identità e la sua missione. Se vuole essere il sacramento di Dio, ponte che unisce Cielo e terra, deve imparare a stare con Dio; se vuole comunicare agli uomini le parole di Dio, deve porsi in ascolto di Dio. Una Chiesa che perde il gusto della vita contemplativa, finisce per smarrire la sua identità. La Chiesa deve stare a valle, per condividere le gioie e le fatiche gente; ma deve anche salire sul monte per consegnare a Dio il dolore e le speranze dell’umanità. La Chiesa deve esercitare la carità nella sua forma più concreta per rispondere alle molteplici necessità dei fratelli; ma deve anche celebrare la divina liturgia come fonte di una storia che si rinnova in forza di quel Corpo donato e di quel Sangue versato. Per questa Chiesa, antica e sempre nuova, oggi preghiamo.
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