CORRISPONDENZA FAMILIARE

di don Silvio Longobardi

Jocelyne, una donna libanese

10 Agosto 2020

Jocelyne Khoueiry

Il 31 luglio scorso, Jocelyne Khoueiry, una cristiana appassionata libanese, muore all’età di 65 anni. Una vita ricca e intensa caratterizzata dal desiderio di annunciare il Vangelo nel suo amato e travagliato paese: il Libano. Oggi, a pochi giorni dalla sua nascita al cielo, la ricordiamo attraverso la penna di don Silvio che l’ha conosciuta e sostenuta, per quanto ha potuto, nella sua missione a favore della famiglia e della vita.

Era nata il 15 agosto a Ghosta, un piccolo villaggio del Libano, avvolta nella luce della Vergine Assunta, era nata per il Cielo ma durante la sua vita terrena ha dovuto combattere per difendere il suo popolo. Ha combattuto diverse battaglie, prima con le armi e poi con la preghiera. Una vita intensa, drammatica e impegnata. Si chiamava Jocelyne Khoueiry. È morta il 31 luglio. Aveva 65 anni e tanti progetti ancora da realizzare. 

L’ho conosciuta agli inizi di dicembre 2006 nel corso di un viaggio in Libano. Pochi mesi prima un’improvvisa guerra con Israele aveva lasciato vittime e devastazioni nel Paese dei Cedri. Scelsi di andare in quella terra per portare un segno della nostra concreta solidarietà. Un viaggio indimenticabile. Portavo qualcosa, ho ricevuto molto di più. 

Jocelyne è cresciuta in un tempo in cui il Libano era diventato terreno di scontro: a 17 anni ha cominciato ad addestrarsi all’uso delle armi, a 20 faceva parte delle milizie cristiane che combattevano contro i palestinesi. Era il 1975, l’anno in cui la guerra civile è scoppiata in tutta la sua prepotenza. Ha combattuto per dieci anni, armi in pugno. In un libro intervista – Il Cedro e la croce (2008) – racconta vicende drammatiche che ha vissuto da protagonista, diventando una figura emblematica della Resistenza cristiana. In quegli anni ha visto morire tanti amici. Anche un fratello. 

Alcuni pensano che durante la guerra non si abbia il tempo di pensare. Invece no. È proprio quello il tempo che impone di riflettere. Quando ci si trova tante volte dinanzi alla morte non si può fare a meno di pensare al senso e al valore della vita. Durante gli anni della guerra Jocelyne matura una fede più consapevole. E quando comprende che i signori della guerra hanno a cuore più il potere personale che il bene del popolo, lascia l’impegno militare e comincia una nuova fase. Sceglie di vivere esclusivamente a servizio di Dio. Una scelta radicale che ha trovato in Gesù Eucaristia e nella Vergine Maria i due fondamentali pilastri. 

Nel 1988 nasce l’Associazione “La libanese. Donna del 31 maggio”. È dedicata a Maria, la donna della Visitazione. L’obiettivo è chiaro: servire il Libano secondo gli insegnamenti della Chiesa cattolica. Jocelyne è profondamente convinta che il Libano può svolgere un ruolo importante nello scacchiere mediorientale, può offrire al mondo un messaggio di convivenza, come ha ribadito Giovanni Paolo II nello storico viaggio del 1997. In questa terra, da secoli, cristiani e musulmani vivono pacificamente. Jocelyne ha sempre creduto nel dialogo con la comunità islamica ma il suo primo impegno è stato quello di custodire la tradizione cristiana e alimentare la fede del suo popolo. Ha compreso che bisogna costruire sulla roccia e non sulla sabbia, sulla fede in Dio e non sul potere degli uomini. 

 

In quello stesso anno incontra Giovanni Paolo II: fu presentata al Papa come la responsabile del reparto militare femminile, lei però aggiunse che aveva deciso di servire il Libano in tutt’altro modo. Dopo aver salutato tutti, Papa Wojtyla ritornò da lei e disse: “Voi farete del bene al Libano”. Parole semplici ma non scontate, per Jocelyne rappresentano una conferma e una speciale benedizione per l’opera che ha in mente di realizzare. Quell’incontro ha segnato la sua vita. Il magistero e la testimonianza del Papa tracciano la via, indicano i contenuti fondamentali che sceglie di perseguire con audacia e determinazione. 

Non a caso, un particolare capitolo della sua azione sociale e culturale riguarda proprio la famiglia. Nel 1997, lo stesso anno in cui Papa Wojtyla compie una storica visita in Libano, Jocelyne fonda il Centro Giovanni Paolo II che offre un servizio qualificato alla famiglia che si sforza di intercettare le diverse problematiche: centro di ascolto, psicoterapia, corsi di formazione, sostegno sociale e caritativo. Nella scia dell’enciclica Evangelium vitae (1995) s’impegna anche per la vita nascente e l’insegnamento del Metodo Billings. Forte di questo vasto impegno Jocelyne entra a fare parte della Commissione nazionale per la famiglia e la vita della Chiesa libanese. In questa veste partecipa al primo Sinodo sulla Famiglia voluto da Papa Francesco (2014). 

Agli inizi del terzo millennio il Centro s’impegna ad accompagnare le famiglie che si trovano a sud del Paese, nella zona che confina con Israele. All’inizio si tratta di un’attività prevalentemente culturale: attraverso le scuole cattoliche (frequentate anche da musulmani) Jocelyne e i suoi collaboratori incontrano insegnanti, genitori e studenti. L’insegnamento abbraccia temi diversi: dal ruolo della famiglia alla dignità del bambino non ancora nato, dai metodi naturali al valore della persona. Questi incontri pubblici permettono di conoscere ancora meglio il disagio sociale in cui vivono tante famiglie e di mettere in campo progetti specifici di sostegno allo scopo di venire incontro alle necessità primarie. A causa della guerra con Israele, la situazione socio-economica diventa ancora più grave e molte famiglie mancano delle risorse essenziali per vivere. Le necessità materiali sono tante ma Jocelyne ha una particolare preoccupazione per la formazione. Per questo raccoglie fondi per sostenere le scuole cattoliche che svolgono un ruolo decisivo e non solo per la comunità cattolica. Come si può immaginare, si tratta di un carico enorme per un’associazione che ha grandi ideali ma non può vantare grandi risorse. 

Chi ha fede non si ferma dinanzi alle difficoltà. Jocelyne ha continuato la sua battaglia, con la stessa tenacia dei primi giorni. Lo ha fatto fino all’ultimo respiro. Chi ha accompagnato gli ultimi giorni della sua vita terrena ha raccontato la sua amarezza di lasciare un’opera che non ha ancora trovato la necessaria stabilità. È un’inquietudine legittima che si vince solo consegnando tutto nelle mani di Dio, l’unico Signore della storia, personale e collettiva. 

Ho incontrato altre volte Jocelyne. Nel 2007 l’abbiamo invitata a venire in Italia con una quindicina di ragazzi libanesi che avevano sperimentato le ferite della guerra. Fu un’esperienza assai bella e carica di umanità. Avrei voluto condividere e sostenere tanti altri progetti. Non è stato possibile. Quando l’ho salutata, l’ultima volta che ci siamo incontrati, ho stretto forte la mano, come un vecchio amico. E poi l’ho benedetta, come un padre. La ricordo come una donna forte e coraggiosa. E sono certo che dal Cielo continuerà la sua battaglia.




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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