
L’annuncio più eloquente
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 1,45-51)
In quel tempo, Filippo trovò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret». Natanaèle gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi». Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!». Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».
Il commento
“Colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, noi lo abbiamo trovato [eurēkamen]: Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret” (1,45). La scena evangelica inizia con queste parole di Filippo cariche di sincera commozione. È una vera confessione di fede, non somiglia affatto a quella fredda e anonima dichiarazione delle nostre assemblee eucaristiche, è piuttosto l’annuncio emozionante di un’esperienza particolarmente luminosa. Il verbo eurísko significa trovare, incontrare per caso ma anche scoprire. Fa pensare all’uomo che trova il tesoro nascosto (Mt 13,44) o al commerciante che trova la perla preziosa (Mt 13,46). L’incontro con Gesù ha cambiato radicalmente la sua vita, si sente immerso in una storia nuova che riassume e riscrive quella antica. Non ha parole per descrivere quello che attraversa il suo cuore ma sente l’intima necessità di comunicare all’amico Natanaèle. Non si tratta di una semplice informazione, non si limita a raccontare quello che è accaduto. Le sue parole sono un vero e proprio annuncio che interpella e coinvolge l’amico.
L’incontro è certamente personale. E tuttavia, Filippo usa il plurale: “abbiamo trovato”. Egli si sente già parte di una comunità. Non è lui che ha scoperto, sono stati gli altri a condurlo da Gesù (Gv 1,43). Non è lui che ha cercato, lui stesso è stato trovato. Intravediamo la forza dell’amicizia. Non un legame in cui ciascuno trova conferma nell’altro ma un’esperienza in cui ciascuno aiuta l’altro a trovare la verità, lo conduce oltre i confini delle sue conoscenze. La vera amicizia non resta una condivisione emotiva dell’esperienza di vita ma assume la forma di un cammino che determina un itinerario che conduce entrambi verso un oltre, verso la scoperta di quella verità più grande in cui il cuore trova riposo. L’amicizia conduce alla fede e la fede dona la grazia di vivere un’amicizia come un cammino che ha come meta ultima la beata eternità. Prima di tutte le opere, che può e deve compiere, la Chiesa deve preoccuparsi di diventare la casa dell’amicizia, un luogo in cui le persone sperimentano la gioia della fraternità. È questo l’annuncio più eloquente di cui oggi il mondo ha bisogno.
Nessun commento per “L’annuncio più eloquente”